Al lussuoso Hotel Gallia di Milano è andato in scena uno show mediatico con al centro lui, Matteo Salvini, l’autoproclamato leader dei nazionalisti europei che vuole tornare all’Europa delle Nazioni. L’alleanza che ha presentato ieri al momento è più simile a un cantiere dove c’è ancora tanto da costruire per mettere d’accordo queste ipotetiche 28 teste nazionaliste.

Il leader leghista ha lanciato un appello a tutte le forze cosiddette antisistema, nazionaliste e populiste per unirsi in un unico gruppo all’Europarlamento, con l’obiettivo di costruire un terzo polo nazionalista alternativo a popolari e socialisti, che possa condizionare le future scelte politiche europee. «L’obiettivo è diventare il primo gruppo» ha detto Salvini mirando in alto. Al parlamento europeo ci sono 750 seggi, i sondaggi danno il polo nazionalista tra 90 e 120 seggi. Ma ancora non è chiaro chi ne farà parte. Ci saranno gli spagnoli di Vox e gli austriaci del Fpoe? In Grecia si spingeranno a destra fino ad Alba d’Orata? In Belgio e Olanda con chi stanno parlando? Ieri al fianco di Salvini c’erano solo tre dei nuovi alleati: Andres Vistisen del Partito del Popolo danese, Jörg Meuthen dell’Afd tedesca e Olli Kotro del Partito dei Veri Finlandesi. Gli altri arriveranno, giurano. Il gruppo si chiamerà Alleanza europea dei popoli e delle nazioni e cercherà consenso sui temi classici del nazionalismo, come la difesa delle identità nazionali e dei confini.

«L’Europa ha senso se riconosce le identità, le storie e le culture» ha detto Salvini. «Se l’Ue è il pensiero unico fondato su business e finanza non è un sogno, ma l’incubo che stiamo vivendo». Altri capisaldi di questa galassia nazionalista: la difesa delle radici giudaico-cristiane, la piena occupazione, la lotta contro il centralismo di Bruxelles, la difesa contro la minaccia del terrorismo islamico, il potenziamento dei confini esterni dell’Europa «per impedire l’ingresso illegale di nuovi immigrati». Uno degli slogan che campeggiava sul manifesto in sala è preso in prestito da un classico dei movimenti e della sinistra radicale: peoples rise up! Una delle ultime volte in Europa lo si era visto sullo striscione appeso dai comunisti greci sotto al Partenone nel pieno della crisi pre Tsipras.

Ma quali competenze vorrebbero togliere alla Ue per riconsegnarle ai paesi membri? «Ci stiamo lavorando» risponde Salvini. Segno che oltre alla suggestione identitaria c’è ancora tanto da fare. È un’alleanza zoppicante, esposta a contraddizioni e interessi (nazionali) contrapposti, ma la strategia c’è. Salvini sta sfruttando la popolarità che spetta a chi governa, ed è uno dei motivi per cui non ha rotto con i 5 Stelle e non romperà prima delle europee. Oggi in Italia la campagna elettorale è sostanzialmente tra i due partiti di governo e Salvini può sfruttare quest’onda per accentrare su di sé tutta l’attenzione dei media. A giudicare dalla quantità di giornalisti, italiani e soprattutto stranieri, presenti ieri a Gallia, l’operazione gli sta riuscendo.

Salvini ha preso l’iniziativa, ma dovrà confrontarsi con l’altra leader forte della destra europea, Marine Le Pen, ieri assente, alle prese con le proprie ambizioni in patria. E continua il corteggiamento all’ungherese Viktor Orbán, sospeso ma ancora dentro al Ppe e che si è tenuto ben distante dal lancio di questa alleanza nazionalista. Sedersi allo stesso tavolo dell’Afd avrebbe probabilmente significato l’espulsione dai popolari e anche per Salvini al momento è meglio tenersi un alleato nel principale gruppo con cui dovrà trattare. «Sicuramente non governeremo mai con i socialisti – ha detto Salvini – i popolari decidano cosa fare, se vogliono continuare a inciuciare con i socialisti lo facciano, se vogliono dare vita a un cambiamento vengano con noi».

La chiusura della campagna elettorale sarà ancora a Milano, il 18 maggio in piazza Duomo, perché «ci ha portato bene chiudere a Milano la campagna delle politiche». Salvini vuole portare «le bandiere dei popoli europei», iniettare un po’ di pensiero nazionalista nella città più cosmopolita d’Italia e che finora ha dimostrato di non amare troppo il suo pensiero. Sulla sponda opposta troverà il sindaco Sala che anche ieri lo ha attaccato: «Da lui mi divide profondamente l’idea della società, io sono per una società aperta che dalla valorizzazione delle differenze tira fuori un modello vincente, Salvini è per una società chiusa che parla a se stessa».