Per noi è molto interessante che lei stia lavorando a una trasposizione della Divina Commedia. A che punto è il progetto?

Come il libro che ha scritto Dante il progetto è ancora misterioso, avvolto nella nebbia. Stiamo effettivamente attraversando vari gironi incontriamo delle persone strane le studiamo, le contiamo e contiamo quanto ci costerebbero i gironi dell’inferno. Al momento stiamo ancora valutando il budget dei gironi (dice ridendo). Quindi stiamo seriamente lavorando e preparando ma è un lavoro lungo, da certosini.

Lei parla al plurale, significa che esiste qualche Virgilio che l’accompagna in questa esplorazione?

Siamo in una fase di formazione del concetto artistico che richiede sempre tempo per maturare. In questo momento il mio timore è di non riuscire a formulare qualcosa con la massima precisione. Sono io che sto maturando l’idea e finché il film non è fatto cerco di essere molto cauto nel formulare ipotesi che ancora non mi sono del tutto chiare. Poi sono scaramantico perché c’è sempre il rischio che i progetti poi non si concretizzino. Ci sono tanti aspetti che non dipendono da me o dal mio produttore. Lassù ci sono battaglie non da poco, pensate che persino un papa ha deciso di dimettersi, quindi pensate a noi comuni mortali…

Non ha mai pensato di fare un film sulla figura del papa?

Confesso che tempo fa avevo avuto un’idea, però penso che i papi abbiano troppo da nascondere, penso che ci sarebbero state troppe domande alle quali non si poteva non dare risposte. Questo lo dico solo in base a mie intuizioni e riflessioni personali perché il papato è una delle istituzioni più complicate della realtà europea.

Non è che le sue esitazioni possano essere collegate al notevole livello che è stato riconosciuto alla sua lettura di Faust? Quasi un timore di non realizzare un’opera all’altezza della precedente…

Nessuno ha mai osservato questo punto di vista, quindi sono sorpreso, per questo considero la domanda molto interessante. Sono stato intervistato da migliaia di giornalisti, ma nessuno aveva colto questo aspetto, quindi è un po’ come se scoprissi qualcosa di nuovo. Faccio un esempio. Quando una donna scopre di essere incinta finché non sa il sesso del nascituro non sa cosa comprare, nessuno ha ancora idea di come dovrà essere il corredino, si sa che sta per nascere un essere umano ma ha anche estrema importanza sapere chi sarà. Quindi quando si parla del materiale che sto affrontando molte cose saranno chiare al momento del parto quando si capirà meglio. La mia abitudine è quella di sviluppare per ogni film un concetto, un’idea che sia estetica e filosofica. Quindi fare un nuovo film con la stessa estetica, con lo stesso aspetto visuale, con lo stesso aspetto filosofico, con lo stesso approccio che ho usato per Faust non sarebbe corretto, devo sviluppare qualcosa di nuovo. Dal punto di vista dell’approccio visuale da sviluppare sono sotto l’innegabile influenza dell’arte italiana da me veramente adorata e venerata, ma per quanto io provi questa venerazione mi rendo conto che non posso farmi sovrastare da quest’arte devo sviluppare un linguaggio mio. In questo lavoro di ricerca di un riferimento sono preoccupato dal mio eccessivo amore verso l’Italia e verso gli italiani che in questo caso potrebbe essere un impedimento. Io devo creare comunque un’opera in cui c’è la ribellione, non la rivoluzione, c’è molta differenza. Percepisco molto la ribellione del popolo dei nostri tempi, ma soprattutto la sento in questa opera, sento che è basata sulla ribellione sotterranea, una ribellione che sta sotto pelle e dal punto di vista cinematografico io entro, mi inoltro in una terra dove dei registi hanno creato opere enormi e davanti ai quali io mi inginocchio e abbasso la testa. Fellini, Visconti, Pasolini, Antonioni, sono registi che io idolatro e anche questo per me è un problema non da poco perché è comunque un’influenza che io percepisco molto, non riesco a prescindere dalla mia ammirazione nei confronti di Fellini o di Antonioni,  mi è davvero mancato il respiro quando ho visto i loro film. Per tutti questi motivi ho seri dubbi sul mio essere in grado di affrontare questa cosa, credetemi, davvero, non so se posso.

Il Faust era girato in tedesco, questo potrebbe essere girato in italiano?

Non ci sono dubbi un film sull’inferno dantesco è da girare in italiano. Mi dispiace che gli italiani non l’abbiano fatto o meglio mi dispiace che non lo stiano facendo. Quando senti dire che mancano le idee nel cinema rimango di stucco, il mondo è pieno di problemi non ancora risolti. Finché l’uomo è mortale, quindi per sempre, l’arte deve affrontare questi problemi. Ci sarà pure un motivo per il quale il creatore ha voluto che si dovesse morire, con questo ha voluto mettere il puntino di drammaticità estrema anche nella vita delle persone più felici. Quindi per i cineasti, e per gli artisti in generale vi è un campo gigantesco su cui poter lavorare. I nostri predecessori nelle arti, in tutte le arti, hanno compiuto solo dei passettini, siamo ancora solo agli inizi. Non vorrei però che si credesse che sto lavorando su un progetto già definito. Nonostante esista già una sceneggiatura e io sia affiancato da un produttore meraviglioso con il quale ho un ottimo rapporto, non sono spaventato dalla difficoltà economica, sono consapevole che anche un film d’autore debba fare i conti con il budget, sono invece preoccupato da un punto di vista artistico, dal come affrontare l’insieme. Da una parte aspetto con grande entusiasmo di mettermi al lavoro su questo progetto dall’altra parte sento ancora di avere quell’ansia non ancora superata ,quindi potrebbe essere prematuro parlarne.

Molti palazzi di san Pietroburgo sono opera di architetti e operai italiani, ma un po’ come avviene nel cinema tutti devono portare il loro contributo.

Un’osservazione acuta, infatti Faust era una collaborazione tra moltissimi paesi, le grandi idee artistiche nel cinema o come nell’esempio di san Pietroburgo possono essere realizzate con uno sforzo comune quindi se mi è permesso dire che Faust ha ottenuto considerazione, anche se detto da me potrebbe suonare immodesto, il merito va condiviso. So che molti registi tedeschi sono rimasti irritati da Faust perché l’hanno trovato troppo tradizionale. Per rispondere a questi rilievi posso dire che io non pensavo di fare qualcosa che potesse essere all’altezza di Goethe, ma volevo che le idee di Goethe, venissero comunque riconsiderate oggi perché credo abbia molta importanza guardare oggi a quei valori, soprattutto io non volevo offrire un concetto sokuroviano  dell’opera di Goethe, volevo solo ricollegarmi a quella cultura che oggi riveste un’innegabile importanza. Penso sia nostro dovere morale di registi. Se un film ha un budget importante, come nel caso di Faust, allora il film è obbligato a sollevare questioni di grande rilevanza. I politici che ci governano possono compiere azioni assurde ma almeno nella cultura ci devono essere delle assi portanti dei punti di riferimento, sono convinto che sia Dante, Goethe, Tolstoj, Checov, Thomas Mann non stiano nei cimiteri dove li hanno sepolti ma stiano lassù, in cielo, siano una presenza, un riferimento.