«Rispetto all’istruzione, che è statale, il Sud riceve di più rispetto al Nord»: il ministro Calderoli su La Stampa si è lanciato ieri in un nuovo, ardito, tentativo di giustificare l’autonomia differenziata. In attesa dei dati del ministro, vale il report della Svimez: un alunno del Meridione frequenta, in media, la scuola primaria per 200 ore in meno rispetto a un coetaneo del Centro-Nord; circa 650mila alunni della primaria statale (79%) non beneficiano del servizio mensa; solo il 18% accede al tempo pieno rispetto al 48% del Centro-Nord.

IL GAP è talmente evidente che il mese scorso il ministro dell’Istruzione Valditara ha annunciato 95 milioni da assegnare a 500 scuole «per superare il divario territoriale e garantire pari opportunità d’istruzione agli studenti in tutta Italia». Fondi destinati alla realizzazione di reti locali, cablate o wireless, l’acquisto di strumenti digitali o attrezzature laboratoriali green. Manuela Calza (segreteria nazionale Flc Cgil): «Altro che super finanziata, la scuola al Sud è impoverita dalla mancanza di strutture e infrastrutture. Pensiamo a quanto sia ancora diffuso l’orario ridotto nella scuola dell’infanzia mentre nella scuola secondaria il tempo prolungato quasi non esiste. Carenti sono i servizi di supporto e l’offerta formativa parallela a quella scolastica. Un alunno del nord che frequenta la primaria a tempo pieno è come se avesse fatto un anno di scuola in più rispetto a un coetaneo del Sud».

PER CORREGGERE le storture abbiamo affidato le nostre speranze al Pnrr. Poi il governo Meloni ha deciso di riprogrammare una parte delle misure. Il presidente dell’Anci e sindaco di Bari Antonio Decaro: «Prima ci hanno detto che alcuni progetti non andavano bene. Poi che c’erano particolari difficoltà nel Mezzogiorno. Non abbiamo ritardi, neanche sugli asili nido dove hanno continuato per mesi a dirci ‘non ce la farete’ e invece alla scadenza del 30 giugno avevamo già concluso le gare per l’assegnazione del 92% dei lavori e adesso siamo arrivati al 100%».

SI PROCEDE nel rispetto della time line ma non è tutto risolto. Il focus 9 dell’Ufficio parlamentare di bilancio («Piano asili nido e scuole dell’infanzia») mette in luce le criticità. L’investimento previsto dal Pnrr è pari a 4,6 miliardi: 3,7 miliardi messi a bando dagli enti territoriali più 109 milioni stanziati dal Mim. Il sud ha ricevuto il 53,3% delle risorse: per gli asili nido la Campania e la Puglia ricevono più di un quarto dei finanziamenti totali; nel CentroNord, sono la Lombardia (8,7%), il Piemonte (8%) e il Lazio (8%) ad avere più risorse. Nel caso delle scuole per l’infanzia, i finanziamenti destinati al Mezzogiorno si attestano al 47,6%; anche in questo caso il 30,4% si concentrano in Campania e Puglia.

L’UPB tira le somme: In base ai Livelli essenziali delle prestazioni sociali, ciascun comune dovrebbe garantire un numero di posti per nidi e micronidi (incluso il servizio privato) pari al 33% della popolazione tra 3 e 36 mesi; a fine Pnrr tutte le regioni del Centro Nord avranno colmato e spesso superato gli squilibri. Nelle regioni del Mezzogiorno, invece, lo scenario è eterogeno e, in particolare, Campania e Sicilia non colmeranno il gap: «Nel caso della Campania, considerate le forti carenze strutturali, sarebbero state necessarie maggiori risorse; per la Sicilia il ritardo è imputabile alla mancata risposta da parte degli Enti territoriali».

LUIGI CARAMIA (segreteria nazionale Flc Cgil): «Il problema vero è che non si capisce, una volta che verranno finite le scuole, con quali fondi si copriranno i costi di gestione. Ci vuole personale e, per noi, dovrebbero rimanere strutture pubbliche e non finire in gestione ai privati, come gli studentati. Ci sono, poi, interventi per 960 milioni che riguardano l’ampliamento del tempo scuola ma sono fondi limitati, di fatto un ragazzo del Sud mediamente frequenterà la scuola molte meno ore».

VALDITARA ha deciso il dimensionamento scolastico per il 2024/25 giustificandolo con i vincoli imposti dalla Ue in attuazione del Pnrr: «Non è così – conclude Caramia -. ll Pnrr dice solo che ogni scuola deve avere un dirigente scolastico e un direttore dei servizi, il numero medio di studenti a livello nazionale e poi a livello regionale è una decisione del Mim». Verrà soppresso l’8,8% delle sedi esistenti con punte del 16% in Campania, 18% in Sardegna e 22% in Calabria.