In un periodo in cui l’intero globo è colpito da una pandemia che ha messo al centro dell’attenzione pubblica la dicotomia tra salute e lavoro, Taranto, che questa dicotomia la vive da decenni, mostra il suo dissenso verso questa scelta e vorrebbe lasciarsi definitivamente alle spalle i Wind Days, giornate in cui il vento soffiando dall’area industriale disperde agenti altamente inquinanti. Queste giornate vengono proclamate dall’Arpa pugliese ormai da anni, le scuole restano chiuse, la popolazione a rischio è invitata a non uscire e a non svolgere attività all’aperto.

I numeri su morti e malattie legate alle emissioni dell’impianto sono davvero drammatici. Sindaco Rinaldo Melucci, alle soglie del 2021 si può davvero continuare a non tenerne conto?

Facciamo insieme un passo indietro. Facciamo prevalere la ragione alle emozioni, che pure in riva allo Ionio ormai sono fortissime. Se non bastassero le risultanze del lavoro della magistratura italiana sin dal 2012 e le considerazioni legate al rispetto dei diritti umani e di quelli costituzionali, per i quali tutti i cittadini italiani meritano eguali tutele e possibilità, per altro perentoriamente riaffermati proprio quest’anno in sede di Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, dunque con l’Italia che si trova ora in odore di sanzioni, la vicenda si potrebbe correttamente indirizzare verso lo scenario che nel mercato e nell’ambito delle politiche comunitarie dell’acciaio e dell’energia sta già radicalmente mutando.

In che modo?

Nel giro di un paio di anni l’Italia sarà costretta a produrre acciaio verde o non sarà competitiva, e non sarà autorevole e credibile uno Stato che al mattino dichiara pomposamente di voler aderire al Green New Deal e alla sera firma accordi con un privato come Arcelor Mittal, sostanzialmente per prolungare il ciclo vitale dei fossili e consumare altre ingenti risorse pubbliche nel ripristino di tecnologie del secolo scorso, dannose per la salute umana e l’ecosistema. La Banca Europea degli Investimenti dal 2021 non finanzierà più progetti collegati all’uso dei fossili, la stessa Bruxelles ha stabilito che le misure del Just Transition Fund e del Next Generation EU non potranno sostenere interventi come quelli che il Governo italiano sta assumendo sull’ex-Ilva.

Invitalia comunica che l’intesa con Arcelor Mittal include un articolato piano di investimenti ambientali e industriali, con l’obiettivo di trasformare l’ex-Ilva di Taranto nel più grande impianto di produzione di acciaio green in Europa. Lei cosa ne pensa?

È una vergognosa azione di propaganda. Se così fosse, perché da mesi il Governo continua in gran segreto a trattare con Arcelor Mittal, un soggetto che ha già dimostrato di non avere in alcun conto i bisogni della comunità locale? Perché il Mise nega l’accesso agli atti del Comune di Taranto? Perché non viene pubblicamente mostrato questo fantastico piano industriale? La verità è che con due altiforni e un solo forno elettrico non si andrà oltre un misero 23% di abbattimento delle polveri dello stabilimento siderurgico. Che dire dell’assenza di una formale valutazione preventiva dell’impatto sanitario sulle tonnellate che si vogliono produrre da qui al 2025 e oltre? Troppo poco, dopo mezzo secolo di ingiurie alla salute e all’ambiente.

È una finta soluzione?

È un palliativo, il piano più semplice da adottare per fare contenti Arcelor Mittal e i sindacati. Manca del tutto l’attenzione alla città. L’ex-Ilva si cambia con qualche miliardo di investimento, volto alla completa decarbonizzazione delle linee o meglio ancora alla chiusura della novecentesca area a caldo. Bisogna prepararsi a gestire nel migliore dei modi migliaia di esuberi. Per noi quel piano non esiste, insedieremo presto un tavolo per l’accordo di programma con la Regione Puglia su scenari più coraggiosi. Se il Governo insiste su quella strada se ne assumerà ogni responsabilità, anche da un punto di vista giurisprudenziale.