Questo euro-matrimonio s’ha da fare? Per ora la risposta aleggia tra le stanze della sede dell’europarlamento di Bruxelles, dove ieri Enrico Letta ha discusso con i suoi deputati il possibile ingresso degli 8 grillini superstiti (ci sono stati abbandoni anche lì) nel gruppo dei socialisti e democratici.

UNA MOSSA, VOLUTA sia da Conte che da Di Maio, cui Letta non vuol certo rispondere con una porta in faccia. «Una discuccione da affrontare in modo laico e con apertura di spirito», ha detto il segretario. «Si tratta di parlamentari che da oltre un anno votano stabilmente con il nostro gruppo», spiega il capodelegazione Pd Brando Benifei.

«Vogliamo approfondire e capire se davvero c’è una volontà da parte loro di entrare nel gruppo socialista e democratico. Durante l’incontro è emersa la volontà di aprire questa interlocuzione, il cui esito non è scontato». La richiesta dei grillini per ora è stata solo «informale»: in tempi brevi dovrà arrivare anche una domanda ufficiale di adesione.

DURANTE L’INCONTRO ci sono state, oltre a voci a favore come Massimiliano Smeriglio, Elisabetta Gualmini e Pietro Bartolo, anche pareri contrari. Da “destra” quello della vicesegretaria Irene Tinagli, che era stata eletta nel Pd ma in quota Calenda.

Da sinistra l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, molto scettico sulle posizioni «giustizialiste» del M5S. Altri gli hanno fatto notare però che, tra i grillini europei, non ci sono posizioni palesemente manettare. E che, con l’arrivo degli 8, il gruppo italiano diventerebbe quello più grande tra i socialisti.

LA QUESTIONE IN OGNI CASO ha pesanti riverberi di politica italiana. «É chiaro che un passaggio del genere può avvenire solo se si consolida la collocazione del M5S nel centrosinistra», ragiona Benifei. «E dunque la discussione dovrà andare avanti in parallelo: noi qui a Bruxelles ma anche in Italia i due partiti».

Di certo c’è che il parere del Pd è vincolante. E che i grillini, che all’inizio erano 14, ora sono rimasti fuori dai gruppi: e in Europa questo equivale a non contare niente nelle commissioni e nella plenaria. Per questo vogliono fare in fretta: a metà gennaio si rinnovano gli incarichi nell’europarlamento e l’unico modo per ottenere qualche posto di rilievo nelle commissioni è far parte di un gruppo.

L’unico che potrebbe rimetterci è Fabio Massimo Castaldo, attuale vicepresidente del Parlamento: in caso di ingresso tra i socialisti difficilmente resterebbe al suo posto.

VIA LIBERA DA MANLIO Di Stefano, sottosegretario agli Esteri: «Una convergenza col Pd c’è in Italia e ci può essere anche in Europa, basata su un nuovo programma di entrambi i partiti: grazie a noi oggi anche i dem parlano di sostenibilità ambientale e di reddito di cittadinanza».

Il dialogo ha già prodotto un risultato: Carlo Calenda, che era rimasto nel gruppo europeo anche dopo l’addio al Pd ha sbattuto la porta. «Come confermato da Enrico Letta si va verso l’ingresso del M5S nel gruppo degli S&D. Un grave errore politico che tradisce il mandato degli elettori», attacca il leader di Azione.

Che annuncia la domanda per entrare nel gruppo liberale di Renew Europe, dove stanno i parlamentari di Macron. Dove lo accoglie a braccia aperte Sandro Gozi, ex sottosegretario del governo Renzi e ora eletto in Francia nelle liste di Macron.

PORTE APERTE ANCHE da Renzi: visto che Italia Viva fa già parte del gruppo Renew con l’eurodeputato Nicola Danti, ha parere vincolante sull’ingresso altri italiani. Non a caso domani a Roma Gozi e Danti lanceranno Renew Italia. «Sono molto felice perché, quando si voterà nel 2023, Renew Europe avrà una casa anche in Italia», dice Renzi.

«Forse Calenda aveva bisogno di una scusa per andarsene», taglia corto Benifei. «È una scelta che non ha nulla a che fare con la discussione tra Pd e M5S, ma attiene ad altre dinamiche».

Duro Nicola Zingaretti: «Calenda sbaglia nel metodo, perché non se ne può più di questi diktat, e nel merito: Letta e il gruppo si stanno muovendo su una giusta direzione e non condivido chi dà la priorità alla voglia di farsi vedere».