A Bologna si avvicina il voto decisivo, quello che probabilmente sancirà chi guiderà la città per i prossimi cinque anni. Le primarie del centro sinistra sono state fissate per il prossimo 20 giugno. Un punto di svolta politico vero per una città che non sarà terreno di conquista per la destra, inconcludente e divisa.
Due gli sfidanti che si contenderanno il ruolo di candidato sindaco alle prossime amministrative. Da una parte c’è il democratico Matteo Lepore, assessore zingarettiano che ha l’appoggio delle Sardine.

E che è vicino dal siglare un accordo politico con la sinistra extra Pd di Coalizione Civica, una galassia che va dai centri sociali a Sinistra Italiana e che negli ultimi 5 anni ha fatto opposizione alla giunta Pd del sindaco Merola. Dall’altra c’è Isabella Conti, tessera di Italia Viva in tasca, sindaca di San Lazzaro e ora impegnata nel proporsi come civica dopo aver abbandonato le cariche dirigenziali nel partito di Renzi. In mezzo c’è il Partito democratico, dilaniato e nel caos dopo che venerdì sera il suo segretario cittadino Alberto Aitini ha deciso di appoggiare Conti. Una notizia clamorosa che apre una profonda frattura nel campo dem, visto che Conti sulla scena delle primarie bolognesi è stata lanciata da Matteo Renzi. «Non è accettabile danneggiare la nostra comunità», ammonisce il segretario provinciale Luigi Tosiani. Il Pd voti Lepore o non siamo più una comunità, aggiunge il parlamentare Andrea De Maria. Ma che parte del partito voterà altrove è nei fatti. La base è frastornata, sopratutto i militanti cresciuti per decenni nel mito dell’unità come bene supremo. Colpa anche di una lunghissima trattativa per decidere gli assetti futuri della città, più volte rimbalzata tra Bologna e Roma. Un tira e molla incapace di trovare un nome condiviso da tutte le anime del partitone.

Potrebbe essere letto come uno scontro tra maggioranza e minoranza filo-renziana, un congresso Pd fuori tempo massimo. Non fosse che tutto si mischia nel calderone dei posizionamenti dei singoli e delle correnti. Quelli che sono chiamati ex renziani oggi (Base Riformista, che sta con Conti) fino a ieri erano cuperliani e orlandiani. Aitini Renzi non l’ha mai votato, Lepore invece sì. Conti, che arriva da Italia Viva, è stata bersaniana e ora dice di riconoscersi nelle parole di Enrico Letta.

Con una base Pd potenzialmente spaccata, alle primarie di giugno decisivo potrebbe essere l’appoggio a Matteo Lepore da parte della sinistra di Coalizione Civica. Pochi giorni fa Lepore ha incontrato Emily Clancy, nome di punta di Coalizione. I due hanno discusso di programmi, trovando una prima convergenza. Dopo anni di opposizione la sinistra potrebbe tornare al governo e ottenere l’agognata discontinuità: meno cemento e più attenzione per i deboli. Sfida difficile e suggestiva. Da questo punto di vista Lepore sta lanciando segnali. Promettendo nuovi parchi e un “passante green”, cioè interventi che attenuino il pesantissimo impatto che avrà in termini di consumo di suolo l’allargamento di tangenziale e autostrada. Oppure appoggiando alcuni comitati nelle loro richieste alla giunta, dove per altro lui stesso siede come assessore da 10 anni. Basta? Ancora no. «Se il passante deve essere il simbolo della transizione ecologica allora facciamo che lo sia davvero – dice Emily Clancy – convochiamo un’assemblea pubblica e rivoluzioniamo tutto. Così com’è resta un progetto del ‘900, che oltre tutto costerà due miliardi di euro».

Le richieste della sinistra a Lepore sono tante. Dal diritto alla casa, prima della pandemia diventata un bene inavvicinabile nel centro di Bologna presidiato militarmente dall’industria turistica (il cui sviluppo rapidissimo è stato più volte rivendicato dallo stesso Lepore), al consumo di suolo. Dalla reinternalizzazione dei lavoratori delle biblioteche ad una scuola pubblica 0-6 a gestione diretta del Comune o dello Stato. Se ci sarà accordo, alle primarie ci sarà anche un «ticket» tra Lepore e Clancy e un programma condiviso tra le due forze. Una rivoluzione per le dinamiche politiche bolognesi, e non solo.