«Ci ha usato come un autobus», «perché non si dimette da europarlamentare?». A tre giorni dalle dimissioni dal partito Sergio Cofferati è ancora nel mirino del Pd renzista. Lui si difende e contrattacca. «Solo insulti e offese. Se un partito, invece di chiedersi le ragioni delle dimissioni di uno dei suoi fondatori, reagisce così, siamo alle frutta. Anzi, ormai al digestivo», dichiara alla Stampa. Non lascerà il seggio da europarlamentare: «Siamo alla meschinità», replica da La7, «molti dei miei 120mila voti sono stati dati al Pd attraverso la mia persona e la mia storia». Del resto gli stessi renziani che oggi glielo chiedono hanno usato un altro peso e un’altra misura con i molti deputati che provenendo da un partito o dall’altro (da Sel e da Scelta Civica per esempio) hanno lasciato i loro gruppi per aderire al Pd.
Ma sono anche i compagni che lo hanno sostenuto alle primarie liguri a criticare la scelta di abbandonare la ditta. Sorvolando anche sul richiesto ’dibattito’ del caso ligure avanzato subito da Stefano Fassina e da Gianni Cuperlo: tanto sui brogli ai gazebo quanto sul tema, non meno cruciale, dell’alleanza locale con il partito di Alfano. L’unico a rispondere sul punto è Matteo Orfini, presidente del partito ma anche leader dell’area turca che ha sostenuto l’ex leader della Cgil. Cofferati ha sbagliato a dimettersi, dichiara alla Stampa, ma «credo si debbano dare risposte politiche alle questioni che pone, sul tema della coalizione le primarie non hanno deciso nulla. Io penso che il Pd debba presentarsi alle regionali con una coalizione di centrosinistra». Dal Nazareno ancora nessuna conferma. In serata Pier Luigi Bersani a Otto e mezzo (La7) insiste: «Cofferati non ha fatto bene ad andarsene e spero che con il tempo la frattura sia componibile. Ma bisogna affrontare i temi di fondo che ha sollevato».

Renzi e i suoi conoscono bene quei ’temi di fondo’. Le primarie ormai si trasformano sempre più spesso in un boomerang e consigliano il Nazareno a sconvocare i gazebo in Campania e nelle Marche; quanto alle alleanze regionali con la destra, sanciranno di fatto il cambio di linea politica del Pd, dalla temporaneità delle larghe intese con la destra a Roma ad un’alleanza da estendere a tutto il paese.
Questioni indigeste, ma oggi c’è il Colle all’ordine del giorno, la mossa azzeccata che dovrebbe far risalire Renzi nei sondaggi. Roberto Speranza infatti si limita a un ecumenico appello al pluralismo interno. «Bisogna tutti lavorare perché in un grande partito ci sia spazio per opinioni diverse e lavorare nella direzione dell’unità». Quanto all’eventuale costruzione di una cosa a sinistra, in Liguria ma anche a livello nazionale, «lo spazio politico in cui far vivere la sinistra è all’interno del Pd».

L’ipotesi in realtà c’è. In Liguria e a livello nazionale. E Cofferati non nega di aver voglia di fare ancora politica, declinando però l’idea, attribuita a Maurizio Landini dal Corriere della sera, di essere un possibile leader, il fantomatico «Tsipras italiano».

Ma la sinistra Pd, quella che vuole collaborare con Renzi, non vuole essere (o almeno non vuole risultare) tagliata fuori dalla scelta del nuovo presidente della repubblica. Quindi deve dosare con cura il dissenso sulle riforme, sull’Italicum e sul resto della vita del partito, tirando la corda senza romperla. Il rischio è quello di dover accettare un presidente palesemente frutto del patto del Nazareno e indebolirsi ancora di più. Per questo il caso-Cofferati per ora passa in secondo piano. Una storia da dimenticare, da sbianchettare, da derubricare a parentesi amara.
Tutto il contrario di quello che Cofferati e compagnia civatiana hanno intenzione di lasciare fare. Il deputato genovese Luca Pastorino e l’eurodeputata Renata Briano non escono dal partito, ma restano al fianco del Cinese e si preparano a varare, con altre associazioni e partiti della sinistra ligure, una lista e un candidato che si schieri contro quello ufficiale del Pd. Oltre a Sel, che già appoggiava Cofferati, si sono fatti avanti anche il Prc e il Pcdi (già Pdci). Altri seguiranno, non solo della sinistra radicale.

Con Pastorino e Briano ci sarebbe una nutrita pattuglia di dirigenti e militanti dem pronti a seguirli senza però lasciare il partito. Anzi, aspettando l’espulsione, gesto destinato a tenere alte le polemiche sui media e le tensioni dentro il Pd. «Lo strappo ci sarà in primavera», prevede Pippo Civati. I parlamentari che lo seguiranno saranno pochi, «una decina». Ma tutti gli altri, quelli che resteranno, dovranno digerire il rospo delle eventuali espulsioni. Uno scenario da zuffa infinita. Buono per far nascere un partito o, meglio, una coalizione, alla sinistra del Pd.