Cancellare i voucher per evitare una nuova batosta referendaria dopo quella del 4 dicembre e poi reintrodurli nella «manovrina» insieme a una precarizzazione ulteriore del lavoro occasionale. Il tutto in due mesi.

La manovra grossolana del Pd, e dei suoi alleati alfaniani di Ap, è riuscita a scippare un referendum chiesto dalla Cgil, sottoscritto da 3 milioni di persone e ammesso dalla Corte Costituzionale. C’era persino la data: questo fine settimana. E invece, proprio nei giorni in cui doveva concludersi la campagna referendaria, l’annuncio che tutto torna come prima. Lo ha fatto ieri il capogruppo alla Camera del Pd Ettore Rosato: nella «manovrina» di primavera ci saranno i «buoni lavoro» che riguarderanno le famiglie e le imprese, ha detto. Perché, ha aggiunto Maurizio Lupi (capogruppo alfaniano di Ap), non avrebbe senso «solo per le microimprese». L’annuncio è bastato per provocare una potenziale crisi di governo con gli ex Pd e Sel di «Articolo 1-Mdp» che sostengono il governo Gentiloni-Renzi.

Per tornare a esistere, i redivivi voucher hanno bisogno dei voti dei loro voti. Al Senato i numeri sono ballerini. Senza i 15 di Mdp la soglia dei 160 voti non è così certa. Per non correre rischi sarebbero necessari i 16 senatori di Ala e non è detto che Forza Italia non sia tentata da un anticipo del «patto del Nazareno 2» prima del 2018. Inizialmente l’urto tra Mdp e il Pd è stato promettente. Per Arturo Scotto, deputato di Mdp, il ritorno dei voucher «significa che il Pd ha deciso di far cadere il Governo». Una risposta, a brutto muso, allo stesso Rosato che si è detto convinto di convincere gli scissionisti dal Pd e da Sel sulla «bonta della misura». Francesco Laforgia, capogruppo Mdp, ha rincarato la dose: «La misura è colma. Usciremo dalla maggioranza».

Nel giro di un’ora, il fuoco di una crisi di governo è diventato la fiammella di un avvertimento. In campo sono entrati i pompieri. A cominciare dallo stesso Rosato che ha premuto il tasto del «Ce lo chiede l’Europa»: «Escludo che Mdp faccia cadere il governo sulla manovra – ha detto –  Sarebbe da irresponsabili e spiace che questa polemica avvenga nel giorno del G7». Il vuoto si è spalancato davanti a Gianni Cuperlo che ha esclamato: «Fermiamoci prima di sbattere». «È fuori luogo un conflitto nella maggioranza sui voucher – ha avvertito il presidente della commissione Bilancio Francesco Boccia – vanno risolti i problemi esistenti causati dalla totale cancellazione dello strumento». Problemi, va ricordato, creati dallo stesso governo preoccupato dal referendum Cgil. A portare acqua ha pensato il ministro del lavoro Poletti il quale ha precisato di non avere mai detto che «i voucher vanno reintrodotti, abbiamo detto che va regolato il lavoro occasionale».

A questo punto Mdp si è messo a fare melina, rallentando il ritmo della crisi di governo: «Il tema oggi non è uscire dalla maggioranza ma i voucher – è reintervenuto Laforgia – Se sarà posta la fiducia su un provvedimento che contiene i voucher per le imprese, noi non la voteremo. Il resto lo valuteremo». Mentre le truppe di Mdp si ritiravano, in attesa di nuove sortite, l’alfaniana Castaldini, portavoce di Ap, si prodigava in un esercizio di comicità involontaria: «Non cederemo ai ricatti ideologici e alle minacce della sinistra estremista che vuole abbattere le riforme liberali».

Il governo non presenterà emendamenti sui buoni lavoro. Raccoglierà, fior da fiore, i «suggerimenti» che arriveranno dal parlamento: cioè dalla proposta renzian-alfaniana. In un emendamento del relatore della «manovrina» i voucher sono previsti per le aziende con meno di 5 dipendenti. I nuovi buoni lavoro saranno «contratti online» del valore di 12,50 euro lordi l’ora per una durata minima di 4 ore e con un tetto di 5 mila euro l’ano per le aziende. Il tetto scenderebbe a 2500 euro per lavoratore. Per le imprese con più di 5 dipendenti il lavoro accessorio sarebbe inteso come un’estensione del lavoro a chiamata, senza distinzioni per fascia di età. Oggi è possibile solo per gli under 25 e gli over 55. Nelle intenzioni, ci sono i buoni per la famiglia per il lavoro occasionale, la liberalizzazione per tutte le imprese del lavoro a chiamata o a intermittenza e la regolamentazione, sempre per tutte le imprese, del lavoro a orario ridotto sull’esempio dei «mini jobs» alla tedesca. Sempre che sia questo il contenuto dell’accordo Pd-Ap, questa è la mossa del cavallo. Dopo avere fatto scomparire il voucher, la sua reintroduzione comporterà una riforma generale del lavoro occasionale in senso ancora più precarizzante.

Il fantasma delle elezioni a settembre, dopo l’accelerazione di Renzi sulla legge elettorale, si aggira anche nella partita sui voucher. Dentro, e fuori, gli equilibri della maggioranza la tensione è forte. Per Giorgio Airaudo di Sinistra Italiana il colpo di scena del Pd è un modo per «rassicurare gli alleati del governo in vista di prossime intese elettorali». «Mi auguro – ha aggiunto Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana – che non abbiano una faccia tosta tale». La Cgil si è mossa subito. Oggi la segretaria Camusso terrà una conferenza stampa mentre al Pantheon a Roma (dalle 10 alle 12) e davanti alla prefettura di Palermo (dalle 16) sono annunciati sit-in. Il comitato direttivo del sindacato ha dato mandato alla segreteria di promuovere una petizione popolare per il rispetto dell’articolo 75 della Costituzione e di organizzare una manifestazione nazionale.