«Siamo di fronte a un finale di partita». La frase di Massimo D’Alema intervistato ieri dall’Unità rende il clima di questi ultimi giorni di lavoro del parlamento prima della pausa estiva. I segnali che la crisi politica possa precipitare rapidamente determinando così la fine dell’azzardo delle larghe intese si moltiplicano. Se nei primi giorni successivi alla condanna definitiva di Silvio Berlusconi per frode fiscale il governo Letta guardava con preoccupazione ai possibili colpi del Cavaliere ferito, adesso è dai contraccolpi del partito democratico che il presidente del Consiglio deve tutelarsi. Anche perché se nel Pdl non ha senso immaginare una successione se non per linea dinastica, nel Pd alla difficile convivenza con gli avversari di sempre si sovrappone la sfida per il congresso e per la leadership.

Per questo stasera Enrico Letta dovrebbe presenziare alla riunione della direzione democratica, sperando così di evitare che si trasformi in un processo al suo governo. Con l’identico obiettivo ieri il segretario Guglielmo Epifani ha rilasciato al Corriere della Sera la più dura intervista contro Berlusconi del suo mandato pro tempore. All’alleato Epifani ha chiesto di fare un passo indietro dopo la condanna. Un modo per sfuggire all’accusa di subalternità con il Pdl, grazie alla quale Renzi sta guadagnando consensi nella base democratica che soffre le larghe intese. Solo che il segretario è andato un po’ oltre, spiegando che «la legalità viene prima di qualsiasi valutazione politica» sulla necessità che il governo duri. E ha proposto un’agenda per settembre fatta su misura dei timori del Pdl: conflitto di interessi e legge elettorale «con chi ci sta», dunque anche con il Movimento 5 Stelle.

Una vera sfida al Cavaliere che avrà come primo terreno di verifica le decisioni sulla decadenza del condannato. Questione che inevitabilmente segnerà la tenuta delle larghe intese, e che il decisionismo di Epifani spaventi qualcuno lo si capisce dalle sfumature che invece i deputati più vicini a Letta introducono nel discorso. «È giusto che ci siano approfondimenti sulla nuova legge anticorruzione e sulla sua applicabilità – dice ad esempio il deputato Pd Gianclaudio Bressa -, ci sono autorevolissime opinioni che vanno in direzioni contrapposte». Ma non è solo per la sorte di Berlusconi che le larghe intese cominciano a smagliarsi assai. Significativo che la maggioranza non sia stata in grado di decidere su due leggi che pure il governo aveva presentato come prioritarie: la riforma del finanziamento ai partiti e il testo contro l’omofobia sono stati rinviati a settembre. E, ancora, da qualche giorno si moltiplicano gli incidenti in aula, malgrado i numeri più che rassicuranti in entrambe le camere. Solo ieri il governo è andato sotto tre volte, alla camera su un ordine del giorno della Lega a favore di alcuni comuni veneziani, al senato su due emendamenti sull’accesso al concorso in magistratura. Due casi, questi ultimi, in cui una cinquantina di senatori democratici non hanno seguito l’ordine del governo votando assieme a leghisti e berlusconiani proprio sul tema scottante della giustizia.

Nella riunione di direzione di oggi, l’intenzione di Epifani è di limitarsi a convocare per settembre l’assemblea nazionale, rinviando la discussione sulle regole e sulla data di convocazione del congresso. Un esito che naturalmente non piace a Renzi, ansioso di annunciare ufficialmente la sua candidatura. Il sindaco di Firenze ha chiuso ieri il suo lungo silenzio, intervenendo a una festa dell’Unità in Emilia. E lo ha fatto con un discorso molto simile al lancio di una campagna elettorale, e molto netto con i suoi avversari interni. A cominciare dall’«amico» che guida il governo. «A Letta dico vai avanti e fai quello per cui sei stato eletto per farlo, se non sei in grado non cercare alibi fuori dal parlamento». Perché Renzi ha fretta di potersi candidare, ma vuole anche evitare di essere indicato come il responsabile della crisi di governo – «non ci sto a fare la foglia di fico», ha aggiunto. Un vasto programma che oggi in direzione le diverse anime democratiche, più o meno governiste, tenteranno di limitare. O rallentare.