Quello che forse è il suo primo, vero sorriso rilassato del pomeriggio Anna Maria Cancellieri lo sfodera verso le 17,20, quando Luigi Zanda pronuncia le parole che stava aspettando. «Ministro continui a lavorare per l’emergenza carceri», dice il capogruppo dei senatori Pd a conclusione del suo intervento. E’ il via libera, il segnale che, per quanto improbabile, il pericolo di una richiesta di dimissioni da parte del Pd era ormai passato e con esso anche i rischi per la tenuta del governo. Non che ci fossero dubbi, sia chiaro. Ma i mal di pancia con cui in questi giorni molti esponenti democratici hanno guardato alla vicenda Cancellieri e a rapporti del ministro della Giustizia con la famiglia Ligresti qualche sospetto, seppure piccolo, lo avevano generato. Sospetto alimentato ieri dal comportamento di non pochi senatori democratici che al termine dell’informativa del ministro invece di applaudire rimangono con le mani platealmente ferme. Alla fine, però, a prevalere è la fedeltà al governo, sigillata in serata da Guglielmo Epifani. «Abbiamo ascoltato il ministro – dice il segretario -, e guardando l’esposizione dei fatti e gli atti abbiamo confermato la fiducia: non ci sono stati interventi fuori dalla sua responsabilità».
Nessun colpo di scena dunque. Intervenendo prima al Senato e poi alla Camera la titolare della Giustizia ripropone la linea difensiva già anticipata nei giorni scorsi. Con un’unica concessione: in quella telefonata fatta all’amica Gabriella Fragni, nella quale si metteva a disposizione, forse è scappata qualche parola di troppo: «Esprimevo un sentimento di vicinanza e mi rendo conto che qualche espressione possa aver generato dubbi – ammette -, mi dispiace e mi rammarico di aver fatto prevalere i miei sentimenti sul distacco che il ruolo del ministro mi dovevano imporre».

Per il resto tutto come da copione. Cancellieri si presenta al Senato scortata dal presidente del consiglio Enrico Letta e dai ministri Mauro, Franceschini, Bonino. Mancano Alfano e i ministri del Pdl, ma in mattinata il vicepremier aveva già confermato la sua fiducia. Cancellieri ribadisce di non aver avuto un ruolo nella scarcerazioine di Giulia Ligresti. «Non ho mai sollecitato nei confronti degli organi competenti la sua scarcerazione, e non ho mai indotto altri ad agire in tal senso», dice. Ricostruisce la cronologia degli interventi che hanno riguardato la figlia dell’ingegnere. A partire dal 2 agosto quando Giulia presenta contemporaneamente un’istanza di patteggiamento e una per ottenere gli arresti domiciliari, sui quali c’è il parere favorevole della procura di Torino. Richiesta che però viene respinta il 7 agosto dal gip. Dal 14 in procura cominciano ad arrivare i referti medici: prima quello della psicologa del carcere di Vercelli, il 19 agosto la stessa procura affida a un medico legale il compito di verificare le condizioni di Giulia Ligresti. La relazione, presentata il 27 del mese, conferma che la permanenza in carcere rappresenterebbe un forte danno per la salute della donna.
In mezzo, il 18 agosto, c’è la telefonata che Antonino Ligresti, fratello di Salvatore, fa al ministro dicendosi preoccupato per la salute della nipote e chiedendo il suo intervento. «Sono stata e sono amica di Antonino Ligresti, ma in nessun modo la mia carriera è stata influenzata da questi e altri rapporti personali – si difende Cancellieri-: sono una persona libera che non ha contratto debiti di riconoscenza».

Parla anche del figlio, Piergiorgio Peluso, per un anno direttore generale in Fonsai. «E’ sgradevole toccare un argomento su cui non posso non sentirmi emotivamente coinvolta» dice, prima di spiegare come l’incarico al figlio sia «frutto esclusivamente della sua pregressa esperienza nel mondo bancario e finanziario» e che comunque l’offerta di lavoro da parte di Fonsai è «del 25 maggio del 2011», quando «ero un tranquilla signora in pensione che non avrebbe mai pensato di poter diventare ministro dell’Interno nel novembre successivo».
Il dibattito che segue è praticamente solo un proforma. A chiedere le dimissioni del ministro della Giustizia sono la Lega, il M5S (che solo alla fine si decide a presentare la sua mozione di sfiducia anche al Senato), Fratelli d’Italia, Iri sera, controcorrente rispeto a Sel, il suo partito, anche Claidio Fava annuncia che voterà a favore della mozione di sfiducia. Se mai sono esistite, le fibrillazioni del Pd invece sono ormai archiviate. Sì, Zanda al Senato, il capogruppo Speranza alla Camera e alla fine anche Epifani giudicano inopportune quelle parole dette dal ministro alla compagna di Salvatore Ligresti, ma non fino al punto da chiederne le dimissioni. «Abbiamo tenuto una posizione seria», conclude il segretario. Il governo ringrazia.