È partita ieri mattina la campagna congressuale per l’elezione del segretario provinciale del Pd a Napoli: candidato unico Marco Sarracino, componente della direzione nazionale del partito e vicino ad Andrea Orlando. I dem in città sono in crisi di voti, la segreteria provinciale è commissariata, rimettere in moto il partito è urgente in vista delle regionali di maggio (i sondaggi danno in vantaggio il centrodestra sul centrosinistra, che governa con il dem Vincenzo De Luca) e poi delle comunali a Napoli nel 2021. «Il mio obiettivo è far nascere il Pd visto che in questa città non è mai nato – spiega Sarracino -. Ci giochiamo regionali e comunali, ci vuole un nuovo gruppo dirigente che faccia scelte di campo: lotta alle diseguaglianze; sviluppo ecosostenibile; centralità del Sud».

La balcanizzazione del partito è stata superata? «C’è stato più di un tentativo di bloccare il congresso, se si svolge è grazie al commissario Michele Meta. A Napoli e provincia ci sono circoli animati da eroi. Ma ci sono anche sezioni inutili attraverso cui il partito si è contato con prove di forza respingenti verso chi si avvicinava per portare idee». La via verso la candidatura unitaria non è stata facile. La scorsa settimana è arrivato un avvertimento: «L’unità presuppone una condivisione politica, ad esempio sul fatto che De Luca sia il candidato alle regionali e che ci sia un giudizio severo sul sindaco di Napoli de Magistris». A scriverlo il consigliere regionale Antonio Marciano della corrente di Maurizio Martina, ma la richiesta è arrivata anche dai referenti di Lotti e Guerini oltre agli uomini del governatore.

Così, salvo novità, i campani vedranno lo stesso film del 2010 e del 2015: Stefano Caldoro (candidato da Forza italia) vs De Luca. «Si parte dall’attuale governatore – commenta Sarracino – ma siamo disponibili, sul solco delle alleanze nazionali, a discutere di un campo più ampio con una prospettiva politica. Nessun veto però, come fatto dal Pd con il Conte bis. Se il M5s ha deciso di isolarsi è impossibile aprire un’interlocuzione». In Campania la convergenza tra Pd e 5S è lontana: i pentastellati sono sulle posizioni di Luigi Di Maio e avversari del governatore, che li ha insultati per quattro anni salvo poi chiamare il consigliere regionale Tommaso Malerba per sondare un avvicinamento, respinto al mittente. In mancanza di un segnale dai 5S, chi tra i dem sognava un cambiamento ha dovuto rassegnarsi alla corsa al voto attraverso le liste civiche. «Se siamo immobili è perché c’è un deficit di classe dirigente – conclude Sarracino -, abbiamo promosso gruppi politici selezionati in base alla fedeltà al capo. Per le regionali dobbiamo puntare a includere esperienze amministrative non rappresentate in consiglio ma evitando quel civismo che non ha veramente a che fare con il centrosinistra».

Il centrodestra sente la vittoria a portata di mano. Ieri a Napoli Forza Italia ha tenuto la manifestazione «Il Sud che vince», presenti parlamentari come Maria Stella Gelmini, eurodeputati come Antonio Tajani e Fulvio Martusciello, sindaci, governatori, tutto il gotha locale tranne Mara Carfagna. Una passerella per lanciare Caldoro verso palazzo Santa Lucia. Clemente Mastella ha chiesto le primarie ma è un modo per alzare la posta. Caldoro ha ringraziato aggiungendo però che l’ultima parola spetta al tavolo nazionale, per non irritare Salvini e Meloni. Intanto c’è da lavorare per mettere d’accordo le componenti locali: le correnti di Fi vecchie e nuove, inclusi gli uomini di Toti che in Campania presidiano il casertano, i centristi, Fdi in crescita e la new entry leghista.