Domenico Ghirlandaio, «acquistando fama grandissima et in credito venuto» come scrive Giorgio Vasari, nel 1483 ebbe dal ricco banchiere Francesco Sassetti (1421-1490) l’incarico di affrescare la seconda cappella a destra nel presbiterio della chiesa di Santa Trinita a Firenze. Il colto committente («io fui sempre, scriveva a Lorenzo il Magnifico, amatore di quegli che danno opera agli studi di humanità») intendeva onorare il suo nome illustrando i fatti della vita di san Francesco d’Assisi. Ghirlandaio scelse di ambientare le storie del santo assisiate nelle piazze e nelle strade di Firenze, come si presentavano in quei giorni medesimi nei quali attendeva al suo lavoro di frescante, con i cittadini che quotidianamente vi trascorrevano, intenti ai loro affari e ai loro svaghi.

Quegli accadimenti straordinari di oltre due secoli prima sono collocati a Firenze e si svolgono, per dir così, nel bel mezzo e sotto gli occhi dei contemporanei del Sassetti e di Ghirlandaio. Raffigurati dal Ghirlandaio negli affreschi che viene realizzando, oltre ai familiari del committente, i fiorentini di allora facilmente riconoscono accanto a san Francesco, gli eminenti uomini di lettere della cerchia di Lorenzo (come Marsilio Ficino, il Landino e il Calcondila, Angelo Poliziano, Luigi Pulci, Matteo Franco e Antonio Pucci) e il Magnifico stesso e i suoi giovani figli.

Sicché si può ammirare come Francesco e i suoi frati abbiano dal papa Onorio III approvata la regola dell’ordine, proprio in un sontuoso padiglione eretto in piazza della Signoria, mentre il Sassetti, che ha accosto un suo figliolo giovinetto, indica al Magnifico Lorenzo – in piedi accanto a lui e ad Antonio Pucci – i figli suoi Piero, Giovanni e Giuliano che lo raggiungono giusto ora, salendo per una scala, preceduti dal Poliziano e accompagnati da Matteo Franco e Luigi Pulci. Intanto, sotto il loggiato dell’Orcagna davanti a Palazzo Vecchio, c’è chi si intrattiene a conversare, e chi nella piazza assolata si incontra con gli amici, e tre ragazzi che corron via.

Ci si chiede se la scena intenda collocare fuori del tempo quotidiano quanti casualmente in un certo giorno del 1485 assistono all’incontro di un papa e di un santo svoltosi nel novembre del 1223; o se, invece, Ghirlandaio immetta quei casi memorabili della vita di san Francesco nella vita cittadina di Firenze in quel certo giorno del 1485, oggi, mentre attende a dipingere i fatti di Francesco sulla parete, tra gli amici che sono intorno a lui venuti stamani, qui, a Santa Trinita, nella cappella del Sassetti, per osservare sui ponteggi il progresso dell’opera sua di pittore, e Domenico li ritrae ora dal vivo e al naturale: «vivissimi e pronti», come dice Vasari.

Del resto il prodigio di san Francesco che risuscita un fanciullo, è ambientato non a Roma dove il miracolo avvenne, ma proprio qui nella strada davanti alla chiesa di Santa Trinita nella quale siamo appena entrati. Così, chi, attraversato il ponte sull’Arno, come noi, si porta nell’interno fino a sostare nella cappella, si ritrova di bel nuovo nella via che, per giungere all’ingresso del tempio ha or ora percorso e vede san Francesco benedicente librarsi su una nuvola in una luce d’oro.

Il passato viene dal Ghirlandaio risolto in presente per virtù di pittura. Ardue sono le riflessioni che l’altissimo tenore di quest’opera impone. Ghirlandaio considera i concetti di passato e di presente quando si ragionino nell’ordine dei fatti esemplari (dunque morali) o storici (dunque civili). Affronta la questione della resa degli spazi in relazione ai tempi, fino a realizzare una raffigurazione che rappresenti azioni distinte simultanee in un medesimo spazio. Questi affreschi congiungono il presente e il passato perché istituiscono relazioni spaziali entro il luogo determinato, fisico, reale che li accoglie, convergendo in una corrispondenza di luoghi determinati e specifici, quotidianamente attraversati. Qui ed ora l’accaduto esemplare, ‘canonico’ di Francesco, esiste in un tale fitto reticolo di rimandi di spazi e di tempi, vi agisce a confermare la santità di Francesco presente e viva, una volta per sempre.