Durante la prima ondata di pandemia, uno degli argomenti più discussi dalle donne fu il parrucchiere. Ci furono le abituate alla tinta che dovettero arrangiarsi con prodotti fai-da-te e relativi disastri. Quelle non avvezze a phon e spazzola costrette a rassegnarsi a pieghe improponibili. Le portatrici di capelli crespi che, in assenza del parrucchiere che li rendeva morbidi e lisci, subirono veri tracolli nervosi. Chi, dovendo accorciare la chioma, ricorse prima a forcine ed elastici poi a tagli casalinghi dai molto dubbi risultati estetici. Quando finalmente i parrucchieri riaprirono, qualcuna disse che non le sarebbe bastato un appuntamento, ma avrebbe dovuto staccarsi la testa e lasciarla dal suo Mimmo o Mauro o Lucio per alcuni giorni. Non si sa chi, all’arrivo della seconda ondata, abbia deciso di includere i parrucchieri fra i negozi che possono restare aperti, ma se nessuno ha eccepito significa che la scelta gode di grande popolarità.
Io, tanto per complicarmi la vita, causa pandemia ora di parrucchieri ne ho due. Il mio preferito è un artista delle forbici, si chiama Alberto e prima di trovarlo ci ho impiegato anni e un’infinità di tagli sbagliati.

ALBERTO GIRA per un’ora e mezzo attorno ai miei capelli mossi per decidere dove mandare questa o quella ciocca, come far cadere o salire un riccio e a ogni sforbiciata osserva il movimento del capello per accompagnarlo dove più si adatta al mio viso. Insomma è un poeta, con però un grande difetto, dati i tempi: lavora fuori regione. L’altro parrucchiere, che avevo lasciato per il mio prediletto poeta, l’ho recuperato semplicemente perché sta vicino a casa e, anche se è bravo a individuare il taglio giusto e facilmente gestibile anche da sole, usa le forbici un po’ come un’accetta nel senso che va giù di rasoio senza tanti complimenti e infatti in circa dieci minuti ha finito.

SE IL PRIMO MI TRASFORMA la testa in una nuvola danzante, il secondo sembra che si diverta a distruggerla quella nuvola perché mira al taglio geometrico funzionale. È come confrontarsi con due sensi opposti dell’estetica e della femminilità, come andare una volta con l’amante sensibile e fantasioso e quella dopo con il genere strasem i mudant. Voi capite che c’è da restare traumatizzati soprattutto se con l’età hai compreso che del secondo tipo non ti importa più niente. A tutto ciò si aggiunge un sottile e strisciante senso di colpa, perché so che prima o poi tornerò dal poeta, che di sicuro si accorgerà dello scempio mosso alla sua opera, ma starà zitto in quanto conscio che molte donne sono portate a tradire i parrucchieri, anche se poi tornano sempre da quello che le soddisfa di più. A mia discolpa potrò sempre dire che l’adulterio è stato consumato per cause logistiche di forza maggiore, ma so già che il poeta soffrirà e non potrebbe essere altrimenti perché è come vedere un aratro che passa sopra il fragile giardino che hai curato con tanta attenzione. L’altro, il rasoiante, non ha di questi patemi, non soffre lui, gli basta piazzarti sulla testa il suo timbro. Il rapporto con il parrucchiere è come una storia d’amore con i suoi alti e bassi, giorni sì e giorni no, colpi di fulmine e crisi, infedeltà e ritorni di fiamma, incontri del destino e storie dimenticabili. Trovare quello giusto è un po’ come andare in analisi e per questo a volte ci si impiegano anni, o si fanno anche cento chilometri per raggiungerlo. Sempre per questo, ci sono donne capaci di cambiare tre o quattro mariti, sei o sette amanti, ma quando incontrano il parrucchiere perfetto non lo mollano più. Pandemia permettendo.

mariangela.mianiti@gmail.com