In Giappone il 2017 è l’anno 28 dell’era Heisei e potrebbe esserne l’ultimo. Il paese cambia, infatti, la numerazione degli anni a partire dall’ascesa al trono di ogni nuovo imperatore e proprio ieri il parlamento giapponese ha approvato la legge che permette l’abdicazione dell’attuale Tenno, l’imperatore del Giappone. Gli succederà l’erede al trono, il cinquantasettenne principe Naruhito.

Il governo fisserà la data precisa entro tre anni, ma sulla stampa già circola l’ipotesi del primo gennaio prossimo per far iniziare la nuova era del Giappone.

C’è voluto che il Tenno si rivolgesse con un discorso televisivo alla nazione – un evento molto raro, accaduto in passato solo per il disastro di Fukushima e prima, via radio, per la fine della seconda guerra mondiale – per portare il governo a discutere una legge sulla successione imperiale approvata ieri dal parlamento.

Una richiesta fatta lo scorso agosto, e nemmeno troppo indiretta, al governo di preparare la successione. Secondo la Costituzione oggi l’imperatore è solo il «simbolo dello stato», non più un dio vivente come prima della guerra, ma come allora non può abdicare.

La legge mette, però, solo un cerotto: quella approvata ieri è una misura ad hoc che riconosce l’abdicazione solo per questo imperatore, non una riforma del sistema di successione.

Il Partito liberaldemocratico al potere soddisfa i desideri dell’imperatore, ma perde l’occasione di riformare in modo lungimirante un sistema in fragile equilibrio demografico, con una casata sempre più ristretta e con un gran numero di discendenti di sesso femminile, escluse però sia dalla successione che dall’iniziare nuovi rami della famiglia imperiale.

Questo in quanto – secondo i timori della destra tradizionalista – aprirebbero la porta ai borghesi nella famiglia imperiale e, in prospettiva, anche alla successione femminile.

La legge è un buono specchio delle timide politiche di parità di genere che il partito di governo adotta per il paese. Restano così senza soluzione le pressanti questioni emerse nel dibattito pubblico e parlamentare degli ultimi mesi.

Il partito democratico, principale partito di opposizione, ha aperto invece sia all’abdicazione regolare, sia alla successione femminile, ma il Partito liberaldemocratico sulle questioni imperiali è da sempre ostaggio delle fazioni più conservatrici e revisioniste della destra.

L’opposizione ottiene solo una clausola finale per iniziare una discussione sulla riforma della successione e il riconoscimento che questa legge rappresenti un precedente che si potrà ripetere.

L’imperatore Akihito, 83 anni compiuti a dicembre, ha citato la salute – le sue due recenti operazioni – e l’età quali motivi per l’abdicazione, ma soprattutto ha espresso il volere di non ripetere l’esperienza della morte del padre Hirohito, che nel 1989 bloccò la nazione per mesi, con il paese completamente assorbito dai riti per il lutto e per i funerali insieme a quelli, concomitanti, per l’insediamento del nuovo imperatore.

Akihito è stato un monarca molto popolare, che ha viaggiato in tutto il paese usando molto la rete shinkansen, i treni ad alta velocità, per le sue frequenti visite alle comunità locali e ha viaggiato spesso anche in aree remote del paese.
L’imperatore ha sempre parlato a favore della pace e con rimorso per il ruolo svolto dal Giappone nella seconda guerra mondiale.

Prima della restaurazione Meiji, che portò il Tenno al centro del sistema politico, l’abdicazione era normale e quasi la metà degli imperatori se ne è servito, inoltre era ammessa la successione in linea femminile, ma nessuna delle due è ora più consentita.

Il Giappone dimostra, così, di avere ancora difficoltà a confrontarsi e infine a superare l’eredità del periodo Meiji.