«Chiedo umilmente perdono per il male commesso da tanti cristiani contro le popolazioni indigene» nelle «scuole residenziali» canadesi gestite dalle chiese cattoliche e protestanti nel corso dell’Ottocento e del Novecento (139 in tutto, l’ultima è stata chiusa nel 1996), dove venne condotta una politica di assimilazione forzata alla cultura bianca, occidentale e cristiana, che causò l’internamento di oltre 150mila bambini e provocò migliaia di vittime, come testimonia la recente scoperta di numerose fosse comuni con centinaia di cadaveri ciascuna (il manifesto del 23 luglio).
Sono arrivate le parole di scusa da parte di papa Francesco ai rappresentanti delle First nations, dei Métis e degli Inuit canadesi, che il pontefice è andato a trovare a casa loro, in Alberta, come gli stessi popoli nativi gli avevano chiesto perché tali scuse fossero credibili.

LA PRIMA TAPPA del viaggio apostolico di Bergoglio in Canada (24-30 luglio), ieri mattina (le ore 18 in Italia) è stata proprio a Maskwacis (Collina dell’orso), nella sede della ex scuola residenziale Ermineskin, dove ora ci sono una parrocchia e un cimitero. Qui è stato accolto dal capo indigeno del popolo Cree Usow-Kihew (Aquila d’oro), sopravvissuto alla scuola Ermineskin, dove ha vissuto per 14 anni, osservando e subendo abusi di vario genere, che ha poi riportato nella Commissione governativa per la verità e la riconciliazione: «La nostra lingua è stata repressa, la nostra cultura ci è stata sottratta, la nostra spiritualità denigrata», ha detto, «speriamo che il nostro incontro di questa mattina otterrà una vera guarigione e una vera speranza per molte generazioni a venire».
Dal canto suo Francesco ha ripreso le parole già pronunciate in Vaticano lo scorso primo aprile («dolore, indignazione e vergogna» per quanto accaduto), quando ricevette in udienza una delegazione dei popoli indigeni del Canada, all’interno però di un discorso di condanna dell’azione criminale dei cristiani nelle scuole residenziali decisamente più netto di quello pronunciato in quell’occasione, all’insegna del «fare memoria, perché la dimenticanza porta all’indifferenza».

«È NECESSARIO ricordare come le politiche di assimilazione e di affrancamento, che comprendevano anche il sistema delle scuole residenziali, siano state devastanti», ha detto il papa. Queste politiche «hanno finito per emarginare sistematicamente i popoli indigeni», «attraverso il sistema delle scuole residenziali le vostre lingue e culture sono state denigrate e soppresse», «i bambini hanno subito abusi fisici e verbali, psicologici e spirituali». Per questo, ha aggiunto Bergoglio, «chiedo perdono per i modi in cui molti cristiani hanno sostenuto la mentalità colonizzatrice delle potenze che hanno oppresso i popoli indigeni. Sono addolorato.

Chiedo perdono, in particolare, per i modi in cui molti membri della Chiesa e delle comunità religiose hanno cooperato, anche attraverso l’indifferenza, a quei progetti di distruzione culturale e assimilazione forzata dei governi dell’epoca, culminati nel sistema delle scuole residenziali». E «sebbene vi fossero non pochi casi esemplari di dedizione per i bambini, le conseguenze complessive delle politiche legate alle scuole residenziali sono state catastrofiche», «si è trattato di un errore devastante, incompatibile con il Vangelo di Gesù Cristo». Quindi, ha concluso il pontefice, «di fronte a questo male che indigna, la Chiesa si inginocchia dinanzi a Dio e implora il perdono per i peccati dei suoi figli. Vorrei ribadirlo con vergogna e chiarezza: chiedo perdono per il male commesso da tanti cristiani contro le popolazioni indigene».

SE LE SCUSE e la richiesta di perdono ci sono state, il nodo resta il futuro. Sembra saperlo lo stesso Bergoglio, il quale ha aggiunto che «le scuse non sono un punto di arrivo», ma «costituiscono solo il primo passo, il punto di partenza» per «condurre una seria ricerca della verità sul passato e aiutare i sopravvissuti delle scuole residenziali a intraprendere percorsi di guarigione dai traumi subiti». I popoli indigeni chiedono l’apertura degli archivi ecclesiastici per conoscere quello che è avvenuto nelle scuole residenziali e che sia fatta giustizia nei confronti dei preti abusatori sopravvissuti. Da come agiranno le autorità cattoliche su questi punti si capirà la reale portata delle scuse del papa.