«Violenza, penso a quella più odiosa sulle donne. Vorrei rivolgermi ai giovani: l’amore non è egoismo, possesso, dominio»: è uno dei passaggi del discorso di fine anno del presidente Mattarella. Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha segnato il 2023. «Il mondo ha bisogno di guardare alle madri e alle donne per trovare la pace, per uscire dalle spirali della violenza e dell’odio – le parole del Papa ieri -. Di Maria la Chiesa ha bisogno per riscoprire il proprio volto femminile: per fare spazio alle donne ed essere generativa. Chi ferisce una sola donna profana Dio».

La distanza tra il discorso pubblico e la realtà quotidiana è ancora tanta. Una ventenne ha denunciato di essere stata vittima di violenza sessuale a Milano probabilmente con la tecnica della droga da stupro, ieri è stato identificato un trentacinquenne. Nel Ragusano due casi: un uomo è stato accusato maltrattamenti nei confronti della ex moglie e dei figli minori, denunciati dalla donna; misure restrittive anche per un pregiudicato accusato di maltrattamenti e tentata violenza sessuale, reati anche in questo caso denunciati dalla vittima. Un arresto a Catania per soprusi e botte alla moglie: il sessantenne, geloso, era solito controllarle il telefono, una storia di oppressione, soprusi, violenze fisiche e verbali. Due casi anche in provincia di Catanzaro: un cinquantenne avrebbe aggredito la compagna provocandole graffi e lividi sul volto; un quarantenne è stato tratto in arresto in flagranza per tentato omicidio della compagna.

Il mondo del lavoro, poi, resta uno spazio per maschi. Le donne sono meno pagate, più precarie in settori poco strategici. Del resto la dipendenza economica è spesso il motivo per cui restano in relazioni tossiche. Con a disposizione pochi servizi che le aiutino a conciliare vita e lavoro, una donna su cinque finisce per lasciare l’impiego dopo essere diventata madre. L’Italia è fanalino di coda nell’Ue per il tasso di occupazione femminile. Il quadro emerge dal dossier del Servizio studi della Camera suòl tema: il tasso di occupazione femminile in Italia (secondo dati relativi al quarto trimestre 2022) è quello più basso tra gli Stati dell’Ue, circa 14 punti percentuali al di sotto della media (il 55%, a fronte del 69,3% Ue). Le italiane occupate sono circa 9,5 milioni, contro i 13 milioni dei maschi.

La decisione di lasciare il lavoro è determinata per oltre la metà delle donne (52%) da esigenze di conciliazione dei tempi e per il 19% da considerazioni economiche. L’occupazione femminile è caratterizzata anche da un accentuato divario retributivo di genere: il gap complessivo (la differenza tra il salario annuale medio) è pari al 43% (al di sopra della media europea, che è invece pari al 36,2%). Nel 2022 la retribuzione media annua è risultata costantemente più alta per gli uomini: 26.227 euro per gli uomini contro i 18.305 euro per le donne, con una differenza di 7.922 euro.

La bassa partecipazione al lavoro delle donne è determinata da diversi fattori: l’occupazione ridotta, in larga parte precaria, in settori a bassa remuneratività o poco strategici e una netta prevalenza del part time, che riguarda poco meno del 49% delle donne (contro il 26,2% degli uomini). Da registrare, infine, criticità sul fronte dei servizi che potrebbero aiutare le donne a conciliare i tempi di vita con quelli del lavoro: l’offerta dei nidi è in ripresa dopo la pandemia (più 1.780 posti) ma le richieste di iscrizione sono in gran parte insoddisfatte, soprattutto nel Mezzogiorno, con una penalizzazione maggiore per le famiglie più povere.