Proclamano insieme le parole «pace» e «no alla violenza e alla guerra» papa Francesco e Ahmad al-Tayyib, il grande imam di Al-Azhar (la principale università dell’Islam sunnita), al Founder’s memorial di Abu Dhabi, dove ieri si è svolto l’incontro interreligioso, con oltre 700 leader di varie confessioni da tutto il mondo, suggellato dalla firma di una dichiarazione sulla «Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune».

L’occasione è il viaggio negli Emirati arabi uniti di Bergoglio, primo pontefice romano a mettere piede nella penisola arabica, 800 anni dopo l’incontro a Damietta in Egitto tra Francesco d’Assisi e il sultano Malek al-Kamel, raffigurato nella formella che il papa ha donato al principe ereditario emiratino, lo sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan.

Una trasferta breve (arrivato ieri, stasera sarà di nuovo in Vaticano) ma importante quella di papa Francesco negli Emirati, Paese che conta una minoranza di novecentomila cattolici (tutti stranieri), nuova tappa del percorso di dialogo fra islam e cristianesimo, dopo l’Egitto (aprile 2017) e prima del Marocco (a marzo).

Al centro del viaggio il tema del dialogo interreligioso. Ma la geopolitica è ben più di un dettaglio: poco distante c’è lo Yemen e gli Emirati fanno parte della coalizione guidata dall’Arabia saudita che da quattro anni combatte contro gli Houthi (sciiti), bombardando la popolazione civile, anche con bombe made in Italy, in una guerra che ha provocato decine di migliaia di vittime.

E Francesco (che prima di partire, all’Angelus di domenica in piazza San Pietro, ha ricordato la «crisi umanitaria» nello Yemen) non ha ignorato la questione, facendo riferimento anche agli altri conflitti che coinvolgono «l’amata e nevralgica regione mediorientale», dove «alla violenza, in ogni sua forma, va tolto il diritto di cittadinanza». Come del resto non l’ha ignorata l’imam al-Tayyib, che ha invitato i governanti a «fermare lo spargimento di sangue», perché «Dio non ha creato le persone per essere uccise, oppresse e torturate».

Dopo l’incontro con il Muslim council of elders, in cui – riferisce la nota della sala stampa vaticana – «è stata sottolineata l’importanza della cultura dell’incontro per rafforzare l’impegno per il dialogo e la pace», e la visita alla Grande moschea di Abu Dhabi, si è svolto il meeting interreligioso.

Alle religioni, ha detto il papa, spetta il «compito non più rimandabile» di «contribuire attivamente a smilitarizzare il cuore dell’uomo». Alla politica invece quello di svuotare gli arsenali, perché «la corsa agli armamenti, l’estensione delle proprie zone di influenza, le politiche aggressive non porteranno mai stabilità. La guerra non sa creare altro che miseria, le armi nient’altro che morte». Occorre «bandire ogni sfumatura di approvazione dalla parola guerra», le cui «nefaste conseguenze» producono distruzioni in «Yemen, Siria, Iraq e Libia», e impegnarsi «contro la logica della potenza armata, contro la monetizzazione delle relazioni, l’armamento dei confini, l’innalzamento di muri, l’imbavagliamento dei poveri». Un plauso agli Emirati arabi, da parte di Francesco, per l’impegno a «tollerare e garantire la libertà di culto» nel Paese.

Ma anche la sottolineatura che la libertà religiosa non basta se non è unità alla «fratellanza», «non si può onorare Dio senza custodire la sacralità di ogni persona», né «promuovere uno sviluppo puramente utilitaristico» che obbedisce solo alle «leggi dell’attuale mercato». Oggi messa, per i cattolici, allo stadio di Abu Dhabi e in serata il rientro a Roma.