Fiori con petali di vetro colorato su steli d’acciaio crescono su un’alta colonna bianca nell’ambiente più spazioso della Fondazione Antonio Dalle Nogare a Bolzano: sono un ideale elemento di congiunzione tra un piano e l’altro dell’architettura costruita in vetro, legno naturale e porfido per accogliere la collezione d’arte dell’imprenditore bolzanino (in esposizione pezzi importanti di arte concettuale e minimalista), che – rimanendo sempre in tema floreale – con uno slittamento simbolico nell’iconografia medievale abbraccia anche l’abbondanza.
Per Peter Wächtler (Hannover 1979, vive e lavora a Berlino) quest’abbondanza si traduce nella curiosità che lo spinge a relazionarsi alle possibilità della materia, del linguaggio e della tecnica nella somma di variabili, con un approccio da «artifex». Dopo Fault line dell’artista libanese Rayyane Tabet, con cui lo scorso anno la fondazione ha inaugurato il programma di commissione a un autore emergente di un progetto site-specific che s’interfaccia con il territorio, con la mostra personale di Peter Wächtler – Up the Heavies (fino al 9 maggio 2020) – il curatore Vincenzo de Bellis sceglie di spostarsi in un ambito che definisce «dalle suggestioni gotiche».
Wächtler è tornato più volte sul posto, affascinato anche da quelle antiche architetture dei masi abbandonati che ha fotografato (la serie è intitolata Ruins of Mankind. Fragments of my soul, 2019). Con una vecchia Hasselblad ha restituito il palinsesto di tempo, storie, decadenza. Ricorrere alla pellicola, quindi alla tecnica fotografica tradizionale ai sali d’argento, con dei tempi scandagliati dall’esigenza di eseguire tutti i passaggi necessari – dallo scatto allo sviluppo fino alla stampa – rientra in quella ricerca che ha portato l’artista tedesco a cimentarsi per la prima volta con la fotografia.

IL CONCETTO DI FORTEZZA, che implicitamente si collega all’azione di resistenza, è stato esplorato da Wächtler anche nella scultura in terracotta Untitled (Castle) (2017), entrata precedentemente nelle collezioni della Fondazione Antonio Dalle Nogare insieme al disegno a carboncino rosso Guardian at the Gate (2017). Con un sottofondo carico di mistero, tra il melanconico e il noir, si alternano opere in bronzo – Orso e Lupo – alle gru d’acciaio di Untitled (Crane), per passare agli acquarelli su carta della serie The Scenery, espressioni della libertà creativa dell’autore che si sposta agilmente tra la parola scritta e l’opera visiva.
Peter Wächtler è noto, infatti, anche per i suoi romanzi pubblicati nei libri d’artista The Set (2012), Come on (2013), Der Pöbelanwalt (2015) e il recentissimo Jolly Rogers (2019), realizzato in occasione della personale Ad Astra alla Kunsthalle di Zurigo, in cui la narrazione è caratterizzata da un flusso di momenti di passività e contemplazione. Ancora due opere dal forte potere evocativo all’interno di un iter espositivo che, come scrive il curatore, «è quasi un ossimoro, qualcosa che gioca con l’idea degli opposti».
Da una parte l’acquarello Hold on to your vision I – Covering the crystal ball with and old sweater e, dall’altra, il video Untitled (Vampire) che s’ispira alla tradizione del cinema muto, co-prodotto dalla Fondazione Antonio Dalle Nogare e dalla Kunsthalle di Zurigo. La dualità, stavolta, si manifesta attraverso la declinazione dell’atto dello svelamento tra magia e rivelazione. Se il vecchio maglione (di cui c’è traccia nel titolo stesso dell’opera pittorica) diventa l’oggetto che cela la lettura di un ipotetico futuro, dall’altra il vampiro (interpretato dallo stesso artista, per la prima volta alle prese con il ruolo di attore) è la rappresentazione estrema della sua dichiarazione d’intenti.
«Essendo una creatura non morta e immortale che si nutre del sangue degli altri, il vampiro rappresenta un classico esempio di essere che vive in una sorta di bolla. Tutto ruota intorno a lui e al suo mondo, ai suoi desideri e alla sua lussuria. Egli esiste in una continua dicotomia tra vita e morte, ma anche tra realtà e finzione», scrive il curatore de Bellis. Una figura, quella del vampiro, che proviene dalla mitologia e, attraverso la letteratura, si espande nelle arti visive, quintessenza di un sentimento crepuscolare. Un ruolo in cui Peter Wächtler sembra trovarsi perfettamente a suo agio.