Da un mese e mezzo i cento tavoli di crisi aziendali non vengono convocati al Mise. Un tempo lunghissimo in cui si sono aperte nuove vertenze – come le officine meccaniche Cerutti in Piemonte – e molte stanno peggiorando – Blutec di Termini Imerese, Jindal di Piombino, ex Embraco, Sicor di Rovereto – mettendo sempre più a rischio decine di migliaia di posti di lavoro, già colpiti dagli effetti della pandemia.
La crisi di governo voluta da Renzi ha bloccato tutto. Ma ora è il nuovo ministro leghista Giancarlo Giorgetti – costretto ad incontrare i lavoratori Whirlpool di Napoli dal loro presidio sotto il Mise il 18 febbraio, ma senza poi rispettare gli impegni presi con la delegazione – a non aver ancora assegnato la delega fra i suoi vice e sottosegretari, allungando i tempi. Insomma, una guerra politica che stanno pagando i lavoratori, denunciano i sindacati.
L’ultimo tavolo di crisi convocato dal governo Conte due è del 28 gennaio – sulla reindustrializzazione ormai storica della Eurallumina di Portovesme – poi il ministro Giorgetti ha deciso di convocare per il 3 marzo il tavolo sulla Corneliani, industria dell’abbigliamento alle prese con un concordato che da mesi blocca l’ingresso di Invitalia mantenendo a rischio un migliaio di lavoratrici. Giorgetti lo ha fatto per ragioni elettorali – Mantova è nella sua Lombardia – evitando di chiamare al tavolo perfino la confermata viceministra Alessandra Todde (M5s) che si era sempre occupata della vertenza.
La lotta di potere sulla delega riguarda un’altra donna, la sottosegretaria Anna Ascani con il Pd che ambisce ad avere voce in capitolo giocando di sponda con il ministro del lavoro Andrea Orlando. Sul fronte M5s invece si punta ad allargare le deleghe a tutta la politica industriale e – soprattutto – al tema delle telecomunicazioni, cruciale rispetto alla digitalizzazione e alla transizione ecologica, storici cavalli di battaglia di Grillo.
In questo quadro Alessandra Todde punta a mantenere buona parte delle crisi aziendali ma Giorgetti non ha ancora sciolto la riserva con l’assegnazione delle deleghe che dovrebbe arrivare la prossima settimana.
Così tutto rimane bloccato – anche su Alitalia (con la nomina dei subcommissari) e ex Ilva (con i ritardi sulle bonifiche) – e i sindacati continuano inascoltati a chiedere convocazioni di tavoli che puntualmente non avvengono. La situazione più grave è certamente a Termini Imerese dove i 635 ex lavoratori Fiat hanno subito la vergogna dei soldi delle reindustrializzazione rubati da Ginatta e presidiano ininterrottamente la fabbrica dal 24 febbraio mentre martedì una delegazione si è incatenata davanti alla sede della Regione siciliana a palazzo d’Orleans a Palermo per denunciare la scadenza a giugno della cassa integrazione ma soprattutto la mancanza di un progetto di rilancio dello stabilimento.
Non meglio stanno i 300 lavoratori delle Officine meccaniche Cerutti di Casale Monferrato e Vercelli – fino a pochi anni fa leader nella costruzione di rotative per rotocalchi e giornali – che entro sei giorni rischia il fallimento e – conseguentemente – la fine degli ammortizzatori.
A chiedere una convocazione urgente al Mise è poi tutto il settore della siderurgia. Oltre all’ex Ilva, in difficoltà infatti c’è l’intero comparto con le vertenze Jsw Piombino e Ast di Terni tuttora aperte. Per questo ieri il segretario confederale della Cgil Emilio Miceli e il segretario nazionale della Fiom Gianni Venturi hanno chiesto «in tempi rapidi al ministro dello Sviluppo economico di convocare il tavolo nazionale della Siderurgia alla presenza di Federacciai e sindacati per trovare soluzioni concrete alle vertenze aperte e dare una prospettiva alla filiera siderurgica italiana e ai lavoratori coinvolti».