Ripensare alla protezione dei confini della Nato, sostenere l’Ucraina a lungo termine, rinnovare il piano di deterrenza nucleare e nominare un nuovo segretario. Sono questi i punti all’ordine del giorno della cosiddetta «ministeriale» della Nato, ovvero la riunione dei ministri della Difesa di tutti i paesi membri, tenuta a Bruxelles negli ultimi due giorni. Nel corso della 48 ore, il segretario alla Difesa statunitense, Lloyd J. Austin III, ha presieduto anche una riunione del «gruppo di contatto» Nato per l’Ucraina in cui si è parlato di nuovi pacchetti di forniture belliche, degli F-16 e dei progressi della controffensiva sui campi di battaglia.

L’EVENTUALE ingresso di Kiev nell’Alleanza viene evocato più volte, in modo particolare dal Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e dai diretti interessati. Oleksii Reznikov, ministro della Difesa ucraino, nei giorni scorsi aveva ribadito che «di fatto svolgiamo già il ruolo di fianco est della Nato perché proteggiamo l’Europa democratica dalla barbara Russia». E il presidente Zelensky in un’intervista alla Nbc si era spinto fino a previsioni apocalittiche in caso di sconfitta del suo Paese, in quanto «se la Russia occupasse l’Ucraina, questa continuerà ad andare verso i paesi baltici» portando la guerra nel territorio della Nato e a quel punto «gli Usa dovrebbero scegliere tra il collasso della Nato o l’entrata in guerra».

ORA APPRENDIAMO che Reznikov ha avuto un colloquio privato con Stoltenberg a margine della riunione del gruppo di contatto. Secondo il ministro ucraino «l’incontro è stato molto produttivo». Forse, viene da pensare, ha ricevuto qualche rassicurazione sull’accettazione del suo Paese nell’Alleanza. A un solo giorno di distanza dalla mozione votata dall’Europarlamento che si era espresso favorevolmente ad accelerare l’iter per l’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Sappiamo che l’incontro di questo fine settimana era solo propedeutico al vertice vero e proprio, che si terrà a Vilnius l’11 e 12 luglio prossimi e serviva per preparare i paesi membri a quella che ad alcuni sembra una svolta storica e ad altri un ritorno alla guerra fredda.
Partiamo dalle armi. Nelle riunioni si è ribadito il concetto che la Nato intende difendere tutti gli stati membri dall’artico al Pacifico e per farlo c’è bisogno di spaventare i potenziali avversari.

«Abbiamo invitato piccoli, medi e grandi produttori dell’industria della Difesa dell’Alleanza a un evento informale. In questo modo i ministri della Difesa possono discutere direttamente con l’industria il modo migliore per aumentare la produzione, rendere sicure le nostre catene di approvvigionamento e rimuovere gli ostacoli alla cooperazione» ha spiegato Stoltenberg. Quest’ultimo ha sottolineato che il tema della «deterrenza e della difesa» è fondamentale in vista dell’incontro di Vilnius e per affrontare «i più ambiziosi impegni nella difesa» in Europa bisogna investire «minimo il 2% del Pil». Investimento che alcuni stati, come la Polonia, hanno già votato, ma non tutti approvano. E, infatti, sempre Stoltenberg ha dichiarato: «Mi aspetto che i ministri della Difesa esamineranno un nuovo Piano d’azione per la produzione della Difesa, che i leader concorderanno al vertice di Vilnius in materia di affari».

A TALE SCOPO si è tornato a parlare di arsenale nucleare. «Non modificheremo la nostra postura nucleare nonostante gli annunci di testate tattiche in Bielorussia» dicono i vertici Nato, ma bisogna «modernizzare le strutture» per essere credibili quando si parla di «deterrenza». Frasi che trapelano in stralci di altri discorsi, pronunciate senza enfasi perché si sa che l’opinione pubblica non le recepirebbe bene. Tuttavia, dall’invasione russa dell’Ucraina gli equilibri che hanno retto dalla caduta dell’Urss a oggi, non sembrano valere per la Nato e, infatti, non si parla soltanto di guerra nell’est dell’Europa, ma di Cina come un Paese che pone a rischio i valori e la sicurezza degli alleati, di Giappone, Corea del sud, Nuova Zelanda e Australia come nuovi centri strategici del possibile allargamento in Asia.

E QUINDI lo scopo di questa ministeriale era mettere in chiaro alcuni concetti chiave in modo da arrivare a Vilnius compatti. In quella sede, infatti, i vari capi di stato dovranno firmare ufficialmente i documenti che ratificheranno il nuovo corso che dovrà essere attuato praticamente dal 2024. E per farlo serviranno soldi, tanti soldi che i Paesi occidentali dovranno ridestinare alle spese militari a scapito, come sempre, delle riforme sociali e delle spese per la sanità e l’istruzione pubblica, per citare solo alcuni esempi. A far da collante, al momento, resta l’Ucraina alla quale i rappresentanti della Nato hanno assicurato «incrollabile sostegno» e, forse, un canale preferenziale per entrare in questo nuova alleanza globale.