Il nuovo cinema austriaco
Filmladen in tedesco significa «negozio di film», dove per film è inteso il cinema tout court: si chiama così una delle prime case di distribuzione nata a Vienna nel 1978 […]
Filmladen in tedesco significa «negozio di film», dove per film è inteso il cinema tout court: si chiama così una delle prime case di distribuzione nata a Vienna nel 1978 […]
Filmladen in tedesco significa «negozio di film», dove per film è inteso il cinema tout court: si chiama così una delle prime case di distribuzione nata a Vienna nel 1978 in un periodo in cui il cosiddetto «nuovo cinema austriaco» era ancora in stato embrionale. Fu co-fondata da Josef Aichholzer e Ruth Beckermann per offrire una possibilità di trovare visibilità alle (poche) produzioni indipendenti sugli schermi viennesi per lo più occupati dalle pellicole mainstream importate dalla Germania, perché già doppiate in tedesco, non essendoci stata allora una vera e propria cultura cinematografica. I suoi autori se n’erano andati a Hollywood nel 1933 o al massimo dopo il 1938 (anno dell’annessione al Reich nazista) creando un vuoto abissale in una produzione che fu ben ricca fino a quel periodo. Nell’immediato dopoguerra si era voluto riallacciarsi (almeno virtualmente) ai bei tempi dell’impero austro-ungarico sfornando quindi le varie trilogie di Sissi o gli Heimatfilm, un genere diffuso anche nella vicina Baviera. Il «cinema» lo si faceva underground (le famose performance degli azionisti Günter Brus, Rudolf Schwarzkogler, Otto Mühl e Herrmann Nitsch, oggi famosi artisti, tranne Schwarzkogler morto per quell’uso estremo del corpo nella funzione di tela e supporto per esprimere le critiche al sistema piccolo-borghese e bigotto nei primi anni sessanta; nonché Peter Weibel e Valie Export, il primo a livello teorico, poi fondatore di Ars Electronica a Linz, e la seconda come body-artist a tutto tondo, sempre attenta ai nuovi media e a come analizzarli criticamente), oppure lo si faceva in televisione. Sì, perché i grandi nomi erano cresciuti lì, dove si adattavano per lo più opere letterarie girando in 35mm e curando un linguaggio visivo cinematografico. Qualche nome? Karin Brandauer, moglie del più famoso Klaus Maria, o lo stesso Haneke. L’anno 1977 fu un anno chiave anche in Austria, ci fu l’occupazione del macello Arena per farne un centro culturale, iniziarono scioperi contro i licenziamenti in massa, il duo Aichholzer e Beckermann fece parte del gruppo video Arena e filmarono l’occupazione (Arena bestezt) in 16mm. Poi Beckermann realizzò da sola un paio di documentari sul tema sciopero e lavoro. L’autrice di Those who go and those who stay che alla Diagonale 2014 ha vinto il Gran Premio del Documentario aveva collaborato per sette anni alle attività del Filmladen, per scegliere nel 1985 di seguire la strada di filmmaker essendo nel frattempo nate le infrastrutture necessarie sul modello tedesco: fondi per film di finzione, documentari e sperimentali, distributori, riviste di cinema, collettivi, sale comunali, e anche la Viennale fu rinnovata con direttori della generazione più giovane. Nel giro di trent’anni si è creato un terreno assai fertile e ricettivo che si esprime nelle partecipazioni di autori ai grandi festival internazionali nonché nelle code davanti alle sale non solo viennesi.
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