La provocazione è palese, 1000 euro per un Ep perché «ogni giorno in carcere un singolo detenuto costa più o meno la stessa cifra e questo ricade su tutta la società» – così da comunicato. È l’iniziativa di Attitude Recordz, etichetta discografica con vocazione sociale che pubblica Collettivo Exagora dell’omonimo collettivo con sede a Milano, Ep uscito a fine 2022 e da poco ampliato con nuove tracce. Un’etichetta discografica con uno scopo nobile verso le categorie più fragili che ha le sue radici nelle vicende personali dei tre fondatori, Matteo, Yassa e Bongi. Tre ragazzi con alle spalle un passato complicato, che vogliono incanalare le energie di chi non ha avuto altre possibilità che mettersi nei guai, permettendo loro di esprimersi col rap. Esordienti che hanno storie da raccontare, che hanno visto il carcere, le comunità penali o psichiatriche, ex tossicomani o provenienti da situazioni di disagio e violenza. In questo senso i dati nazionali (almeno relativi alla detenzione) sono drammatici, parlano di 70% di recidiva, mentre il costo giornaliero per un singolo detenuto è stimato in circa 137 euro (non mille, che certo è cifra tonda ma tradisce anche un lato del marketing e di promozione tipico del mercato del rap, che si muove con operazioni sensazionalistiche).

MATTEO dell’etichetta trae le sue conclusioni: «Solo il 2% dei fondi statali destinati al carcere vengono investiti in cultura, il resto viene quasi tutto sborsato in sicurezza, quindi in polizia, per un totale di circa 3,5miliardi l’anno di spesa. Sono soldi buttati, se si investisse in formazione o in attività capaci di individuare i talenti delle persone recluse, forse si creerebbero percorsi di rinascita e di sicurezza collettiva». Attitude Recordz fa leva sul rap, il genere più in voga fra i più giovani, un linguaggio che facilmente può coinvolgere i ragazzi e le ragazze che hanno attraversato delle difficoltà: «Il rap è un genere diretto, si può essere espliciti, in un testo scritto su un pezzo di carta bastano due note ed è già un rap».
Forse una certa dose di sana ingenuità dei produttori viene compensata dalla loro grande volontà che permette ai ragazzi di avvicinarsi all’etichetta, e magari di registrare un disco: «Arrivano per passaparola, tramite Instagram o mail. Ognuno si crea la propria strada, i passaggi per raggiungere un obiettivo sono intimi, c’è chi si dichiara subito un artista e chi non riesce a reggere due settimane di concentrazione. Se un detenuto vuole venire a registrare basta che ci mandi una mail e tramite la cooperativa avviamo un dialogo con il carcere identificando i nostri interlocutori. La perseveranza fa la differenza».

È PARTICOLARMENTE interessante il discorso sull’immaginario del rapper ricco e famoso che esalta la malavita a confronto con le realtà che possono celarsi dietro a quell’immaginario: «Si capisce subito se uno ha vissuto certe cose o le scimmiotta, così come si capisce se le ha vissute fino in fondo, quanto cioè è grave la propria emarginazione. La malavita e il margine se vengono raccontati con lo stile di un cantastorie, come denuncia sociale, sono molto interessanti. Non ci incuriosisce chi si atteggia a criminale, ci interessa l’evoluzione umana e non l’affermazione di quel modello. Un discorso è l’arte, un altro è la vita, specialmente se attraverso l’arte riesci ad emanciparti».