Il sottodimensionamento della nostra amministrazione è molto grave, come risulta da dati di confronto con paesi come la Francia e il Regno Unito, che, con circa il 10% di abitanti in più rispetto all’Italia, hanno pubblici dipendenti rispettivamente del 73% e del 116% in più (pari rispettivamente a circa 2,3 e 3,7 milioni di dipendenti in più).
Questo gap non si riduce se anziché i pubblici dipendenti in senso stretto consideriamo gli addetti totali (pubblici e privati) alla produzione di servizi pubblici, onde tenere conto del diverso regime di esternalizzazione: rispetto all’Italia, in Francia abbiamo il 77% e nel Regno Unito il 104% di addetti in più. (I dati si riferiscono al 2019, quindi non sono influenzati da possibili effetti destabilizzanti della pandemia).

Le cause della scarsa efficienza della nostra Pubblica Amministrazione rispetto a quella di altri paesi sono molteplici, ma la differenza nel numero degli addetti è talmente grande da obbligarci a concludere che la carenza di personale è indubbiamente una delle più importanti, anche se non certo l’unica.
Noi sosteniamo un piano straordinario di assunzioni nella Pubblica Amministrazione, da realizzarsi mediante una piccola imposta di solidarietà sulla ricchezza finanziaria. Il piano prevede l’assunzione di circa 1 milione di giovani, La nostra proposta è realizzabile, e non trova controindicazioni né nella teoria né nella prassi economica, e nemmeno nelle regole europee.
Secondo alcuni questa proposta sarebbe in contrasto con le opinioni prevalenti della popolazione. Per valutare questa obiezione abbiamo chiesto alla società di sondaggi Swg di effettuare una rilevazione su come la pensa in proposito l’opinione pubblica. Il sondaggio è stato effettuato nello scorso giugno.

Due le domande. Nella prima chiedevamo l’opinione sull’intervento dello Stato rispetto ai moltissimi giovani che non trovano lavoro: «Ritiene che lo Stato dovrebbe intervenire, creando direttamente posti di lavoro?». Ha risposto sì il 62,5% degli intervistati, che sale al 77,5% se si escludono coloro che hanno risposto “non saprei”.
La seconda era: «La proposta ha il duplice scopo di rafforzare i servizi pubblici più carenti, come, per esempio, sanità, giustizia, scuola, difesa del territorio, e di ridurre drasticamente la disoccupazione dei giovani. Da finanziare con un piccolo prelievo fiscale (l’1%) sui patrimoni finanziari, quindi conti in banca, azioni, obbligazioni, bot, ma non su case, terreni o altri beni immobili, con una quota esente di 100.000 euro. “Quota esente” significa che chi avesse un patrimonio inferiore a 100.000 euro non pagherebbe nulla, chi avesse un patrimonio di 150.000€ pagherebbe l’1% …d. Lei sarebbe favorevole?».
I favorevoli sono il 53,4%, che salgono al 65,2% se si escludono coloro che hanno risposto “non saprei”. È interessante notare che una valutazione elevata o soddisfacente del proprio reddito non riduce la propensione ad appoggiare la proposta, il che porta ad escludere l’ipotesi che siano favorevoli i potenziali beneficiari ma contrari i potenziali contribuenti.

Questi dati non ci hanno sorpreso; sono in linea con quanto suggerisce a livello internazionale molta letteratura teorica, aneddotica e di sondaggio. È evidente che un’espansione del settore pubblico da finanziarsi mediante una (molto piccola) redistribuzione è coerente con la teoria economica di riferimento dell’area progressista, da Keynes a Tarantelli e a Piketty. E i nostri studi ci dicono che essa è praticabile e che non ha controindicazioni dal punto di vista della teoria e della prassi della politica economica. Ciononostante essa è assente dai discorsi e dai programmi dell’area di centro-sinistra. È importante domandarsi perché.

Ci sono molte cause possibili, e non alternative fra di loro: una prima, generale causa è probabilmente la difficoltà a porsi obiettivi strategici e di medio-lungo periodo; una seconda può essere il peso che le componenti più centriste (e i corrispettivi gruppi di interesse) ricoprono nella coalizione di centro-sinistra; una terza probabilmente è costituita dall’egemonia neo-liberale, che non gradisce obiettivi redistributivi e il potenziamento della nostra debole e inefficace Pubblica Amministrazione.
Non siamo in grado, in assenza di dati sufficienti, di rispondere a questa domanda. Ma crediamo che sia un problema importante, la cui risoluzione gioverebbe tanto ai partiti di centro-sinistra quanto al Paese.

Filippo Barbera, Università di Torino, filippo.barbera@unito.it; Maria Luisa Bianco, Università del Piemonte Orientale, marialuisa.bianco@uniupo.it; Bruno Contini, Università di Torino, bruno.contini@unito.it; Federico Dolce, direttore del Centro Studi Argo di Torino, federico.dolce@gmail.com; Antonio Graziosi, già all’Organizzazione Internazionale del Lavoro, Ginevra, antonio.graziosi57@gmail.com; Guido Ortona, Università del Piemonte Orientale, guido.ortona@uniupo.it; Francesco Pallante, Università di Torino, francesco.pallante@unito,it; Francesco Scacciati, Università di Torino, francesco.scacciati@unito.it; Andrea Surbone, scrittore, andrea@surbone.it; Pietro Terna, Università di Torino, pietro.terna@unito.it; Dario Togati, Università di Torino, dario.togati@unito.it; Willem Tousijn, Università di Torino, willem.tousijn@unito.it.
I dati completi e una documentazione più ampia possono essere richiesti a uno qualsiasi dei firmatari.