Un convegno promosso dal Comune di Gioiosa Marea ha celebrato Giuseppe Prestipino nella città dove era nato il 1 maggio 1922. In occasione del centenario, una giornata di studio si svolgerà il 4 giugno a Civitavecchia, la città eletta dal filosofo a residenza negli ultimi operosi due decenni, per iniziativa del Centro per la Filosofia Italiana, della International Gramsci Society e dal Centro per la Riforma dello Stato. La casa editrice Bordeaux pubblica un breve saggio postumo di Prestipino, Uguale e contrario. Ragionamento sulle mafie, in appendice uno scritto di carattere autobiografico su lotte in Sicilia contro agrari e mafia. 1951-1967.

Con l’intento di far cenno ad un aspetto significativo della personalità di Prestipino studioso, mi rifaccio ad un suo scritto inedito anch’esso, di tono autobiografico e che, senza meno, si data agli anni di Civitavecchia. Mi riferisco ad una breve memoria dal titolo Umanesimo della non violenza nell’ultimo Mario Rossi.

Mi propongo di darne qui un sommario conto. Ne trascrivo l’esordio: «Nel non breve cammino della mia vita ho incontrato un primo, un secondo e un terzo Mario Rossi: uno a Messina negli anni Cinquanta, quando eravamo dediti (chi più chi meno) a memorabili battaglie politiche e, nei nostri studi, facevamo i conti (chi più chi meno, criticamente) con il magistero messinese, ma già allora nazionale e anche internazionale, di Galvano della Volpe; un altro a Siena negli anni Settanta, quando entrambi insegnavamo in quella Facoltà di Lettere e Filosofia; un terzo Mario Rossi negli anni seguenti la sua prematura scomparsa».

È allora che alla eredità filosofica di Rossi Prestipino volgerà la sua attenzione con più intenso profitto, come si evince da rilevanti aspetti delle sue ricerche (in special modo gli studi che Prestipino dedica a Lukács e Ernst Bloch compendiati nel volume Realismo e utopia del 2002).

L’improvvisa morte di Mario Rossi nell’agosto del 1978 privò l’Università di Siena di uno dei suoi maestri più prestigiosi. Nelle pagine che vengo scorrendo, la rievocazione del suo ‘secondo’ Mario Rossi permette a Prestipino di indugiare nella descrizione dell’ambiente intellettuale e richiamare alcune delle figure dei docenti che, primi, si raccolsero, anno 1970, nella Facoltà senese. Una Facoltà allora appena istituita o, piuttosto, dovremmo più precisamente dire riportata in vita dopo quasi due secoli, da quando, in epoca napoleonica, dell’antico, illustre ateneo senese fu stabilita la sospensione. Se furono ripristinati di lì a poco, caduto Napoleone, gli istituti giuridici e medici e di scienze naturali, non altrettanto avvenne delle discipline letterarie e filosofiche, illustrate nel corso dei secoli da studiosi di grande fama, a cominciare da Pietro Ispano (poi papa nel 1276 col nome di Giovanni XXI) che compose a Siena a metà del Duecento le Summulae logicales.

«Fui chiamato come incaricato di Estetica» scrive Prestipino. «A Siena trovai colleghi con i quali l’affiatamento amicale e culturale fu, direi, immediato. Tra coloro che insegnarono, all’incirca, negli anni di Mario Rossi, ricordo il fervente antropologo Alberto Maria Cirese. Il mio interesse per il Gramsci attento al folklore nacque anche da quella frequentazione. Con Franco Fortini discutevo, più spesso, di Lukács e di varie questioni politiche. Tra gli storici ricordo Giorgio Giorgetti, scomparso nel fiore degli anni. Valentino Gerratana, mio fraterno amico da data immemorabile, rimase a Siena per un anno solo. Con Mario Tronti» aggiunge «non mi mancano tuttora occasioni di incontri e dibattiti».

Ma è con Mario Rossi lo scambio più fitto ed è forte l’interesse suscitato in Prestipino da Cultura e rivoluzione. Funzionalismo storico e umanismo operativo, che Rossi pubblica nel 1974 . Scrive: «In quel libro osservavo anche l’assillo di una riflessione critica sugli ‘anni di piombo’, ossia su una violenza da lui condannata a partire dai principi primi di una visione rivoluzionaria finalizzata a far salva, innanzi tutto, la vita di tutti e di ciascuno, contestualmente con le altre condizioni necessarie per poter costruire una società giusta su basi giuste».