Il nome del candidato alla successione di Napolitano verrà probabilmente deciso (ma non necessariamente annunciato) oggi, durante o dopo la girandola di colloqui e assemblee in programma. Prima l’incontro di Renzi con i deputati e a ruota con i senatori del suo partito. Poi il faccia a faccia tra Berlusconi e Alfano e quindi, probabilmente a pranzo e comunque prima delle 16, quello con Renzi. Nel pomeriggio l’assemblea dei parlamentari azzurri, alla presenza del capo, e quella di Alfano con i gruppi congiunti di Area popolare.

L’appuntamento di ieri tra i soci del Nazareno lo ha fatto saltare Berlusconi, inviando i capigruppo soli soli al Nazareno. In parte è che la sola idea di infilarsi in una burocratica agenda di colloqui col premier, neanche fosse un Salvini o un Alfano qualsiasi, al cavaliere faceva venire l’orticaria. Ma in parte anche maggiore è che di affrontare Renzi senza che l’interlocutore fosse disposto a sputare fuori il nome sul quale si arrovella in dorata solitudine da due giorni Silvio non aveva alcuna voglia. Se ne riparlerà oggi, quando, dopo il vorticoso quanto sostanzialmente inutile giro di consultazioni di ieri, il ragazzo avrà le idee più chiare.

Non che la passerella di ieri sia stata del tutto inutile. Un candidato tra i più forti ne è uscito depennato: Pier Carlo Padoan. Sono stati gli alleati di governo di Area popolare, capitanati da Alfano, a porre secca la condizione di un presidente «non tecnico», e all’uscita il ministro cantava vittoria: «Il prossimo presidente non può essere un tecnico né un novellino». Col che il novero dei papabili si restringe: almeno fino alla quinta votazione, perché dopo di quella, se il seggio quirinalizio sarà ancora vacante, quanto fatto sinora verrà azzerato e la giostra ripartirà da capo.

Per il resto, dalla sagra liturgica delle consultazioni è uscito fuori ben poco. Renzi tiene la bocca cucita. A chi stia pensando non lo sa neppure il concittadino e amicone Verdini, il che è tutto dire. La suspence, al momento, sembra riguardare, ancor prima del nome, il momento in cui il medesimo sarà fatto. Non è un particolare irrilevante.

Neppure su questo punto, però, il premier si è sbottonato. Secondo gli impegni presi di fronte ai parlamentari del Pd, dovrebbe tirare fuori il coniglio dal cilindro oggi, ma che lo faccia davvero è altamente improbabile. Le voci, incontrollabili, dicono che il giorno buono sarà domani, prima dell’inaugurazione del torneo o al massimo in serata. Vedremo. Di certo l’incertezza in materia sta seminando nervosismo su entrambi i fronti critici. È uno dei motivi che hanno spinto Berlusconi a disertare il meeting, ma è anche la preoccupazione che porta Fassina a mettere le mani avanti: «Indicare il candidato sabato, all’ultimo momento, vorrebbe dire mettere il Parlamento di fronte a un “Prendere o lasciare”».

Se Renzi non schiude le labbra non è solo per tattica e prudenza. È che quel nome ancora non lo ha deciso. La delegazione azzurra lo ha trovato confuso, anche se preoccupato prima di tutto di non spaccare il suo partito. I due petali emergenti, ieri, erano Sergio Mattarella e Sergio Chiamparino. Il primo raccoglierebbe i voti della sinistra del Pd e anche, quasi certamente, quelli di Sel e degli ex grillini. Col sì di Fi e Ap potrebbe addirittura essere eletto nelle prime votazioni. Quel sì ieri non c’era ma potrebbe arrivare oggi. A suo tempo Berlusconi si era mostrato possibilista. A non volerne sapere è Alfano che però ieri sera, di fronte alla minaccia del vicolo cieco, qualche spiraglio pareva disposto ad aprirlo.

Su Chiamparino, invece, nel colloquio di ieri Toti ha quasi chiuso i giochi: «Non è il caso di eleggere mezze figure». Quanto agli altri candidati, Berlusconi storce il naso su tutti tranne che su Amato. Un po’ fa sul serio, ma un po’ è anche che questa partita si gioca anche sul tavolo simbolico. Un fronte sul quale il prestigiatore di Arcore non è certo meno navigato e abile del maghetto fiorentino: sa perfettamente come muoversi per rendere evidente che il titolo di king maker spetta a lui quanto al giovanotto.

Così, nella girandola di nomi, alla fine è rispuntato per un attimo quello di Anna Finocchiaro, che aveva però sembra invece destinata a prendere il posto della ministra Lanzetta.

Così di certo c’è solo che, alla vigilia del voto, tutto sembra essere ancora in alto mare. E per la prima volta Renzi considera seriamente la possibilità di eleggere il presidente della Repubblica senza l’apporto del centrodestra.