Immanuel Kant ha mostrato che il tempo e lo spazio costituiscono le condizioni imprenscindibili dello stare al mondo. Senza tempo non sarebbero possibili conoscenza e apprendimento, che consistono nel dinamismo con il quale la mente comprende progressivamente il proprio stare al mondo. Condizione dunque nel senso che senza lo spaziotempo non potrebbe darsi per noi il mondo ma si può aggiungere che condizione vale anche come lo stato in cui si è, la condizione – appunto – in cui ci si trova, che è sempre radicalmente temporale.

Di tale modo della nostra esistenza l’agile e chiarissimo libro di Werner Kinnebrock Dove va il tempo che passa. Fisica, filosofia e vita quotidiana (Il Mulino, pp. 158, euro 14) descrive soprattutto le componenti relative alla fisica, senza rinunciare però a tratteggiare anche questioni diverse come: la struttura cronobiologica dei viventi, quell’«orologio interno che regola in maniera centralizzata i principali processi fisiologici»; la dimensione temporale delle cosiddette «esperienze di pre-morte»; le questioni di natura cosmologica e quindi anche metafisica. L’adesione di Kinnebrock alla relatività e alla teoria del Big Bang è piuttosto fideistica, trattandosi di paradigmi che sono ancora standard ma che subiscono critiche sempre più numerose su molte specifiche questioni e soprattutto costituendo paradigmi incompatibili con la fisica quantistica, che invece riceve sempre più conferme.

È quindi vero che più si va velocemente nello spazio e più si va adagio nel tempo, che «in un sistema in movimento il tempo scorre più lentamente che in un sistema fisso», che la gravità rallenta il tempo, che la velocità della luce è irraggiungibile da qualunque ente dotato di massa poiché tale massa diverrebbe infinita, che dunque i fotoni sono privi di massa. Anche per questi motivi Kinnebrock si mostra assai scettico sui tachioni – particelle più veloci della luce e compatibili con le equazioni einsteiniane – e sulle «gallerie gravitazionali» che renderebbero possibili i viaggi nel futuro, e si pronuncia contro l’ipotesi dei «multiversi e il tempo a direzione inversa».

Non è necessario postulare l’esistenza fisica di questi costrutti puramente matematici per comprendere che, in ogni caso, il tempo intesse tutti gli enti e gli eventi. Basta infatti osservare il cielo stellato per guardare di fatto il passato, data la velocità finita della luce. Basta dare all’entropia il giusto e decisivo peso per rendersi conto della irreversibilità degli eventi: «Si può considerare l’entropia come una misura fisica del disordine, per cui essa diminuisce quanto più aumenta l’ordine di un sistema. Il secondo principio della termodinamica può venire riformulato sinteticamente in questi termini: in media l’entropia (il disordine) può solo aumentare. Ciò vale tanto per i processi microscopici quanto per quelli macroscopici». Nella realtà, il tempo ha una direzione soltanto, e ciò conferma la natura puramente matematica sia delle ipotesi su cui si fonda la fisica classica di Newton sia di quelle relativistiche, per le quali il tempo è invece un’illusione reversibile.

Il tempo è la realtà stessa che rende l’universo da noi conosciuto un indissolubile «intero unitario; particelle indipendenti le une dalle altre sono una semplice illusione». La teoria dei quanti descrive una delle più straordinarie peculiarità dei fotoni. I quali sono particelle senza massa e senza tempo, che possono essere «correlate» tra di loro in modo tale che la polarizzazione di ciascuna di esse – vale a dire il livello di oscillazione – sia sempre in un reciproco rapporto di perpendicolarità; accade dunque che la posizione di un fotone si modifichi istantaneamente al modificarsi del fotone correlato al primo, anche se le due particelle sono poste a distanze cosmiche: «L’informazione circa la direzione della polarizzazione da assumere viene trasmessa in qualche maniera al secondo fotone. Si potrebbe dire ‘con velocità infinita’», in chiaro e grave disaccordo con il principio einsteiniano dell’invarianza, vale a dire dell’inoltrepassabilità della velocità della luce. Come si spiega? Un esempio comprensibile è che accada qualcosa di simile allo spostamento delle due estremità di una barra. Se mossa verso una direzione, si sposta simultaneamente sia in uno dei suoi estremi sia nell’estremo opposto: «Si può anche dire che il segnale dello spostamento passa da un’estremità all’altra con velocità infinita»; tale simultaneità si fonda quindi sulla non separabilità delle particelle che formano la materia.

La fisica quantistica apre inoltre a un universo costruzionistico, nel quale la posizione esatta di un elettrone si dà soltanto con la sua misurazione. Heisenberg afferma che «l’orbita si genera nel momento in cui la osserviamo». Gli esperimenti condotti successivamente da Alain Aspect hanno confermato che «la posizione e l’impulso delle particelle nel microcosmo si determinano soltanto nel momento della misurazione. Prima di ciò esistono ipotesi sulla probabilità del comportamento delle particelle: la realtà effettiva scaturisce per mezzo della misurazione». Le indagini, i dati sperimentali, le speculazioni cosmologiche sulla materia oscura sembrano suggerire «che il tempo abbia un inizio, ma non una fine». E questo consolida la vera e propria riscoperta del tempo che è in atto nella fisica contemporanea.