“Mostrare, a quei tempi, realtà poco conosciute, o indagate superficialmente, ci ha fatto scoprire un mondo che stava scomparendo rapidamente e che ora non esiste quasi più. Meritava tuttavia essere indagato con maggior attenzione in quanto rappresentava una fetta di umanità non indifferente. Un mondo da documentare in libri, foto, film …”.

Lo stralcio proviene da una recente intervista, ancora inedita che apparirà in un volume di prossima pubblicazione per Mimesis, curato da chi scrive e da Fabrizio Fogliato, “Jacopetti Files. Biografia di un genere cinematografico italiano”. A parlare della propria passione per l’Africa, condivisa con il fratello gemello Angelo, è Alfredo Castiglioni scomparso a Gallarate il 14 febbraio scorso per un attacco di cuore. Il 18 marzo avrebbe compiuto ottant’anni, era nato a Milano nel 1937. Con il fratello erano da poco tornati da un ennesima spedizione archeologica.

Gli scavi archeologici e le indagini sulle civiltà del passato sono stati il loro ultimo approdo di studio dopo essere stati esploratori, etnologi, fotografi, documentaristi e scrittori. Infatti, Alfredo e Angelo hanno costituito una delle “ditte” intellettuali più eclettiche del secondo novecento. La loro curiosità li ha spinti a viaggiare e ad incontrare popoli e genti dell’Africa più nascosta e sconosciuta e lo hanno fatto in tempi in cui spostarsi non era semplice.

Spinti dall’avventura, giovanissimi arrivarono nel Continente Nero attraversando il Marocco e l’Africa sahariana in lambretta; per arrivare in Guinea, addirittura, s’imbarcarono come lavoratori su un mercantile. Si era negli anni ’50, educati da letture colte, influenzati da reportage giornalistici come “Africa a cronometro” di Egisto Corradi, i due fratelli s’inventarono un mestiere. Cominciarono ad organizzare spedizioni. Il loro approccio all’etnologia fu aiutato anche dalla lettura dei diari dei primi esploratori, in più ci misero la tecnologia, dapprima usando la fotografia successivamente le cineprese 16mm.

Proprio questo e una serie di fortunate coincidenze fecero sì che tutti i materiali girati, invero grezzi, finissero nelle mani della Cineriz che allora e siamo nella seconda metà degli anni sessanta si godeva il successo dei “mondo cane”. Rizzoli e compagnia fiutarono l’affare e infilato Guido Guerrasio come coordinatore e montatore del girato dei Castiglioni realizzarono un autentico e sottovaluto capolavoro, “Africa segreta”, il primo dei cinque film a loro accreditati dal 1969 al 1983.

Il successo di “Africa segreta” fu enorme e del film e dei due successivi, “Africa ama” e “Magia nuda”, quest’ultimo addirittura con il commento di Moravia che allora “prestava” le sue lettere africane anche a “Ultime grida della savana”, si può dire che la conta nel filone inventato da Jacopetti per certi versi può star stretta per come i Castiglioni erano lontani dall’idea di cinema e non solo del giornalista-regista di Barga. Infatti, rivisti oggi, non negandogli la spettacolarità delle immagini né la furbizia del montaggio, che furono anche le basi inscindibili del successo dei film di Jacopetti & co., e considerando allo stesso tempo attenuatasi la pruderie di quegli anni per l’esotico, i due cineasti-esploratori lombardi sembrano allentare consapevolmente il loro rigore di studiosi, capendo che il cinema è altro rispetto al libro, e lo fanno condividendone le regole d’ingaggio una volta accettata la distribuzione del film.

L’importante era mostrare che esistevano altri modi di vita, che l’Occidente non era il mondo. Tutto ciò troverà conferma anche negli ultimi due film, “Addio ultimo uomo” e “Africa dolce e selvaggia”, anche se realizzati fuori tempo massimo e quasi un canto del cigno del genere che avrà qualche altro sussulto, con altri protagonisti e in direzioni estreme e differenti. E’ difficile scindere la vita di Alfredo da quella di Angelo, anche ora che il primo non c’è più. Si integravamo alla perfezione; i loro racconti affascinanti per la duplicazione e l’intersezione delle loro voci erano qualcosa di unico. Ad Angelo, il più cinematografico dei due, toccherà ora raccogliere la parte d’eredità intellettuale di Alfredo. Fabio Francione