L’Italia è l’unico paese al mondo dove il termine calcio non deriva dalla radice linguistica football. In tedesco fussball, in spagnolo fùtbol, in portoghese futebol, in russo futbol (Футбол), in francese football. Puristi della lingua italiana d’inizio Novecento contrari agli “americanismi” e linguisti fascisti, dopo la vittoria dei mondiali del 1934 e 1938 dell’Italia, misero in atto una pulizia linguistica, con tentativi anche goffi, prima di arrivare alla parola Calcio. L’uso sempre più frequente dei termini stranieri nello sport, come il Var, soprattutto da parte degli adolescenti, preoccupa l’Accademia della Crusca, che denuncia un impoverimento della lingua italiana. La globalizzazione minaccia davvero la lingua dello sport? Ne parliamo con Stefano Pivato, docente di Storia Contemporanea all’università di Urbino, che traccia un excursus storico sull’italianizzazione dei termini sportivi. Ha pubblicato tra l’altro Sia lodato Bartali, I comunisti mangiano i bambini, L’era dello sport, Favole e politica.

Quando compare la parola sport nella nostra lingua?

E’ difficile risalire con precisione alla data in cui il termine sport entra nella lingua italiana.  Nella lingua francese viene utilizzato per la prima volta da Eugène Chapus nel 1854 in un volumetto Le sport à Paris.  Nel 1877, quando lo sport in Italia è fenomeno quasi sconosciuto, Pietro Fanfani e Costantino Arlia in Il lessico della corrotta italianità, condannano come barbarismo il termine sport e  si scagliano contro i giornali italiani perché «non gli può intendere chi non sappia l’inglese e il francese».  Carlo Bascetta sostiene che l’adozione di una terminologia italiana fu voluta in parte dal fascismo, ma il processo di italianizzazione fu soprattutto accelerato dalla vittoria della squadra italiana ai campionati mondiali di calcio del 1934 e del 1938. Secondo numerosi studiosi la traduzione nella lingua nostrana dei lemmi sportivi non è solo di natura politica ma è dipesa anche dalla necessità da parte dei giornalisti di farsi capire da un pubblico di neofiti non abituato alla lingua d’origine del fenomeno sportivo, l’Inghilterra.

Alcuni sport conservano i termini originali?

Si tratta di alcuni sport d’elite che hanno conservato nel corso del Novecento la terminologia d’origine, come la scherma dove il miscuglio lessicale franco-italiano di antica origine, non desta scalpore, oppure il baseball. Anche il calcio conservò, nei primi anni della sua pratica entro i confini nazionali, la terminologia originale, infatti nel 1898 nasce la Federazione Italiana Football, che solo nel 1909 diventa Federazione Italiana Giuoco Calcio. Il termine football in un pubblico a digiuno delle lingue straniere, assunse improbabili denominazioni dialettali come furbèl o fusbèl. Oppure fùbal o fùbol, oggetto di adattamenti sono anche fasi del gioco come l’offside tradotto come opsai o orzàit, almeno fino a quando i linguisti del regime mussoliniano non ordinarono la sua traduzione in fuori gioco. Altre forme dialettali registrate in inchieste sul linguaggio sportivo e attribuite alle trasmissioni radiofoniche che avrebbero favorito forme di «primitive adozioni orali» in seguito scomparse grazie alla lettura del giornale sono in dialetto romanesco, frichicche  proveniente da free-kick, il calcio di punizione, ènzè ed ènse da hands.

Vi furono goffi tentativi di italianizzare il termine football?

Frequente è  la traduzione di football con Palla o Palla al calcio, da cui il più popolare Pallone il cui termine è presente nella lingua italiana parlata e scritta grazie alla popolarità del Gioco del Pallone diffuso in molte zone dell’Italia già a partire dal ‘500, quando Scaino pubblica il Trattato del giuoco della palla, dallo stesso gioco proviene il termine terzino, quarteback in lingua inglese, che i primi manuali del gioco in lingua italiana indicano con Addietro.  Con Pallone, termine che rinvia a un antico gioco italiano, i primi manuali italiani iniziano a designare il moderno gioco, nato alla fine degli anni Cinquanta dell’Ottocento in Inghilterra, che i marinai inglesi fanno conoscere nei porti di Genova, Livorno e Trieste a partire dall’ultimo decennio del XIX secolo. Scompare presto dalla stampa sportiva il termine Palla al piede, goffa traduzione di football, ma Pallone e Calcio entrano nella lingua italiana stabilmente. Si tratta, con tutta evidenza, di forzature storiche che permangono ancora oggi in certi manuali di storia sportiva e, soprattutto, nelle guide turistiche inclini a vendere l’antico gioco fiorentino come una «invenzione della tradizione»,  secondo la felice espressione coniata da Eric Hobsbawm. Curiosa la proposta della traduzione in lingua italiana dell’incitamento all’atleta o alla squadra, secondo Sassi al tradizionale Hip Hip Hurrà occorreva sostituire Eja Eja Alalà, grido collettivo di esultanza che la liturgia del fascismo aveva mutuato dalla ritualità dannunziana dell’impresa di Fiume.

 

Quando inizia l’italianizzazione dei termini sportivi?

Verso il 1920 Giacomo Devoto, autore del famoso vocabolario, osservava che i forestierismi nel mondo dello sport e in particolare nel calcio «sono ancora in misura notevole».  Secondo Carlo Bascetta fra il 1900 e il 1945 gran parte della terminologia sportiva, importata dai luoghi d’origine, era stata italianizzata. Alcuni termini, coniati per una sorta di ossequioso omaggio alla politica linguistica autarchica del fascismo, sarebbero scomparsi dopo la fine della guerra, altri sarebbero entrati stabilmente nel vocabolario sportivo italiano. Fra i casi più singolari di permanenza delle trasformazioni operate nel corso dei primi decenni del ‘900 è il termine Calcio che, assieme a Pallone costituisce una particolarità linguistica del tutto singolare: l’Italia è infatti l’unica paese al mondo dove il «gioco alla palla col piede», così veniva chiamato all’inizio del Novecento, non ha conservato la radice linguistica della patria d’origine. Nella lingua tedesca è fussball, in quella spagnola fùtbol, in portoghese futebol, in russo futbol (Футбол), in francese football.