Visioni

Il mistero degli Xtc, la serendipità di un accordo sbagliato

Il mistero degli Xtc, la serendipità di un accordo sbagliatoGli Xtc in un concerto degli anni '80

Musica «This is Pop», in un documentario diretto da Roger Penny e Charlie Thomas la storia della geniale band britannica bistrattata dalla dea fortuna del music business

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 4 maggio 2018

«Detesto i rockumentary – esordisce perentorio Andy Partridge – Sempre le stesse storie senza mai un lieto fine: litigano, si fanno causa, ne muore uno, poi un altro, a volte muoiono tutti e se sopravvivono si odiano. Sempre a parlare di droghe e di donne e poi a un certo punto compare puntuale il lugubre tastierista di un gruppo prog. Non vi azzardate a metterlo anche qui!». Cambio immagine, primo piano di Rick Wakeman: «Gli XTC, sì me li ricordo…».

Gli Xtc non sarebbero tali senza l’umorismo micidiale, l’impronta del loro pop haute couture: creativo, divertente, impeccabile. «L’unica cosa per cui vale la pena fare un documentario sugli XTC – continua Partridge – è che non ci sono le solite cazzate come nel 99% delle rock band. Noi non siamo musicisti rock and roll, il nostro è un pop gentilmente esplorativo». Diretto da Roger Penny e Charlie Thomas per Special Treats, da un’idea di Yvonne Wootton, in 70 minuti This is Pop racconta un gruppo tanto geniale quanto bistrattato dalla Dea Fortuna del music business. Dovrebbero essere miliardari come i Beatles o gli Stones, invece sono il più rispettato dei gruppi di culto. Con una regia e un montaggio brillanti, il documentario usa l’effetto tilt-shift per miniaturizzare le immagini del paesaggio.

Quelle del plastico con le ricostruzioni di scene della campagna inglese del primo Novecento e la ferrovia sono state girate al Pendon Museum nell’Oxfordshire. Un body-scanner portatile e una stampante 3D hanno prodotto le statuine dei quattro musicisti con i loro strumenti. Fanno il resto immagini di archivio e interviste a Clem Burke dei Blondie, Dave Mattacks dei Fairport Convention (che suonò in Nonsuch), Stewart Copeland, John Grant, al produttore John Leckie e all’ingegnere del suono Hugh Padgham, oltre ai quattro XTC. Mentre il trenino corre nel microcosmo swindoniano, in sottofondo suona una medley micidiale che già nei tre minuti e mezzo in apertura sintetizza un songbook spettacolare. Canzoni che letteralmente rimettono al mondo. E pensare che Andy Partridge da grande voleva fare il fumettista, tipico dei bambini abituati a stare da soli, per giunta con una madre ossessiva compulsiva che non gli permetteva di portare gli amici a casa e gli buttava via i giocattoli. «Forse per questo i giocattoli mi piacciono ancora, adesso nessuno me li può gettare via!», dice davanti a un pianoforte verticale ricoperto di ninnoli.

Per fortuna aveva l’età giusta quando è esplosa la psichedelia: «È successo tutto insieme: mi sono scesi i testicoli quando il pop è diventato multicolor». L’unica via di fuga dalle case popolari della zotica e arretrata provincia inglese era la musica, e siccome non riusciva a imparare le canzoni degli altri, cominciò a scrivere le sue, trovando complici eccellenti: Colin Moulding e Terry Chambers, a cui si aggiunse per un tratto il tastierista Barry Andrews, poi sostituito da Dave Gregory.

«Accordi e ritmi complicati, liriche ricche: che cos’è questa nuova musica? Punk? New wave? Per me era solo musica pop: concisa, tagliente, leggermente futuristica. Non c’era bisogno di creare un altro sottoghetto, era solo pop music», dice Partridge dei loro esordi. Preziosi sono gli aneddoti sulla nascita delle canzoni: la serendipità di un accordo-non accordo sbagliato dal suono medievale in Senses Working Overtime, o la decostruzione di Making Plans for Nigel: «Alle prove Colin suonò tre o quattro accordi alla chitarra. La melodia ci piacque molto, era antica, sembrava Gilbert O’Sullivan o la canzone di un musical. Colin la suonò su una chitarra classica e noi di certo non potevamo farla in quel modo, così l’abbiamo completamente smontata. A Terry ho fatto suonare un ritmo sottosopra, un batterista per suonare così deve pensare al contrario» spiega Partridge, mentre Terry Chambers aggiunge: «Colin al basso cerca di copiare quello che fa il tom tom, un suono tribale reso micidiale da Hugh Padgham, Dave Gregory suona staffilate con la chitarra a cui Andy sovrappone il suo riff».

Drammatico invece è il racconto del perché gli XTC smisero di andare in tour: attacchi di panico, agorafobia, forte disagio mentale causato da una repentina e sconsiderata sospensione del Valium che Partridge prendeva fin da ragazzino. La partnership Partridge-Moulding si scioglie nel 2006. A quarant’anni da White Music, il loro primo album, Moulding è ottimista: «La gente finalmente ha capito e apprezza quello che abbiamo fatto, ma c’è voluto tanto di quel tempo!», dice ridendo. Se la ride anche Partridge quando senza false modestie afferma: «Abbiamo cominciato bene e siamo andati migliorando. Non sono in molti a poterlo dire. Gli XTC sono unici, il risultato della tensione collettiva tra i componenti. Ci siamo trovati e abbiamo realizzato un veicolo magico, fenomenale, addetto al trasporto della gioia, su cui tutto il mondo può viaggiare. Salite e divertitevi».

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento