Un governo ottiene la fiducia alla Camera, ma poi è costretto dal Presidente della Repubblica Napolitano a ritirare il decreto legge «Salva Roma» per manifesto abuso della decretazione d’urgenza a favore delle clientele. Lo stesso governo ha approvato ieri nel decreto Milleproroghe (arriverà in Senato il 2 gennaio) le norme che dovrebbero evitare il commissariamento del Comune di Roma e quella sul recesso dagli affitti per le sedi istituzionali, in primo luogo per gli uffici dei parlamentari a Roma. Le amministrazioni pubbliche potranno recedere dalle locazioni passive entro il prossimo 30 giugno. La Web Tax, la norma introdotta nella legge di Stabilità e non ancora entrata in vigore, è stata posticipata al primo luglio.

Sempre ammesso che le norme di un decreto ritirato dal governo siano reiterabili in fotocopia all’interno di un nuovo provvedimento, al Campidoglio sarebbe stata riconosciuta la deroga sui tetti dell’addizionale Irpef. Da gennaio aumenterà di 0,3 punti (dallo 0,9 all’1,2%), in una città dove si paga l’Irpef più alta d’Italia. Sembra che il sindaco Marino sia restìo ad usare questa opzione che sembra tuttavia inevitabile. C’è sempre il rischio della riproposizione della norma che rende «licenziabile» il personale delle multi-utility della Capitale, a partire dall’Acea, e un’altra che chiede al Campidoglio di mettere in vendita il patrimonio immobiliare per affrontare un debito da 12 miliardi di euro. Il sindaco Ignazio Marino ha ringraziato il governo «per il senso di responsabilità» e ha ottenuto anche 100 milioni di euro aggiuntivi per completare la «Nuvola» di Massimiliano Fuksas all’Eur. Nulla contro l’emergenza sfratti o altre emergenze culturali della città.

Le attenzioni del governo hanno fatto infuriare il sindaco di Napoli Luigi De Magistris: «È una disparità di trattamento inaccettabile – ha detto – noi non abbiamo avuto leggi o leggine, ma ci siamo tirati fuori da un disastro nonostante avessimo un ente con un miliardo e mezzo di debito e 850 milioni di euro di disavanzo». In realtà nel «salva Roma» erano confluite misure anche per sostenere il bilancio del comune di Venezia, ma la disparità denunciata da De Magistris resta.

In fondo nessun governo può permettersi di lasciare fallire la Capitale. È tutto ancora da vedere come queste norme, insieme alla proroga delle scadenze fiscali per le zone alluvionate della Sardegna, sono state raccordate con l’impianto del Milleproroghe ma, a questo punto, si può stilare il bilancio della settimana più pazza del governo Letta.

L’esecutivo ha, nell’ordine, dimostrato l’inutilità del Parlamento nella repubblica presidenziale di fatto che è diventata l’Italia. Ha rivelato l’incapacità della maggioranza Pd-Scelta Civica-Nuovo Centro Destra di mettere la museruola alle clientele fameliche presenti nelle Commissioni Bilancio di Camera e Senato. Si è fatto cogliere in castagna dal Movimento 5 Stelle (che canta vittoria contro il «salva-marchette»), e poi dalla Lega; si è contraddetto sulla norma sugli «affitti d’oro» nel «Salva Roma», riproposta nel Milleproroghe; ha ceduto alla pressione del movimento «No-slot» e del segretario Pd Renzi che lo hanno costretto al ritiro dell’emendamento «porcata» sulle slot-machine.

Nonostante la Waterloo politica, l’esecutivo ha trovato la forza di fare l’ennesimo annuncio. Letta intende riformare il «procedimento legislativo che tenga conto anche dell’ingorgo che c’è stato a dicembre», per evitare altri assalti alla diligenza. La riforma confluirà nel cantiere approntato dal ministro delle riforme Quagliarello per «revisionare» la Costituzione nel 2014 e sarà uno dei punti del «contratto» tra i partiti che reggono in vita il governo. L’obiettivo è «impedire l’approvazione di emendamenti che mandino fuori controllo la spesa pubblica». Per Sel la «figuraccia» sul «Salva Roma» è invece un’impressionante dimostrazione di debolezza dell’esecutivo. «Quella di Letta – commenta Gennaro Migliore – è una pratica che tende a scaricare sul parlamento responsabilità che sono tutte del governo».

Nel rosario di «proroghe» spunta la proroga del pagamento delle tasse per chi vive e lavora nelle aree terremotate dell’Emilia Romagna e la riprogrammazione dei fondi strutturali Ue da 6,2 miliardi di euro, 1,200 dei quali già impegnati nella legge di stabilità a garanzia per il credito alle imprese. Poi ci sono 5 miliardi di euro «nuovi» dice Letta. Il governo ha stanziato 700 milioni per misure a sostegno del lavoro e dell’occupazione: 150 milioni andranno per la decontribuzione dell’occupazione giovanile, 200 per quella femminile. Ai 500 milioni già stanziati contro la «povertà» se ne aggiungono 300 per il sussidio contro la povertà assoluta («Sia»). Un miliardo andrà a sostegno dell’«imprenditoria giovanile», un altro miliardo per la promozione dell’Expo 2015 e la valorizzazione dei beni culturali. Ci sono anche 500 milioni per la messa in sicurezza degli edifici scolastici.