A quanto sembra la Troika non c’è più. Evaporata per effetto del governo di Syriza. Ma solo nominalmente: le stesse istituzioni assumono il nome di Brussel Group. Ma con un soggetto in più. Il terzetto BCE-FMI-Commissione europea si trasforma in un quartetto. Si aggiunge il MES.

Cosa c’è dietro a tale sigla? Nelle indiscrezioni della settimana del giornale greco To Vima si parla di una nuova riunione dell’eurogruppo che potrebbe portare a un finanziamento di 4,9 miliardi alla Grecia (senza in quali, pare, si troverebbe le casse vuote nella seconda settimana di aprile!). Di questi 1,2 verrebbero dal MES.
La sigla è l’acronimo di Meccanismo Europeo di Stabilità; istituzione di cui si parla pochissimo, se non all’epoca della sua messa in cantiere nel 2012 (qualche eco ebbe l’abbandono dell’IDV della parlamentare Lidia Undiemi, che accusò i vertici di un biasimevole silenzio in merito). Adesso che il suo ruolo comincia a farsi più scoperto, oltre che probabilmente più incisivo, nella governance economica, risulta più urgente capire quale funzione svolga e di che cosa si tratti. Peraltro uno dei passaggi fondamentali della sua istituzione cade il 24-25 marzo 2011, quasi esattamente 4 anni fa. Potenza delle ricorrenze…

In tale data il Consiglio europeo, l’assemblea dei capi di Stato e di governo dell’UE avalla il proposito dei governi dei paesi dell’eurogruppo di emendare i Trattati europei per dare fondamento ad un meccanismo per la stabilità dell’euro. Viene così modificato l’art. 136 TFUE. Ma tale meccanismo che diviene presto una nuova istituzione – il MES, appunto – non fa parte delle istituzioni UE.

È una organizzazione internazionale i cui membri coincidono coi paesi dell’eurozona. Il cosiddetto eurogruppo era in origine (e formalmente, ancora) una riunione dei ministri dei paesi che avendo adottato la moneta comune si ritrovavano separatamente per discutere dei relativi problemi. Col MES l’eurogruppo assume una veste formale autonoma, facendo assumere una dimensione ibrida ai suoi componeti: da un lato membri di governi dipendenti da un’assemblea legislativa eletta democraticamente dall’elettorato nazionale; dall’altro membri di un ente intergovernativo osmoticamente legato all’élite finanziaria, il cui funzionamento suona sinistramente simile a quello di un’azienda privata di tale settore. Esattamente come il Fondo Monetario Internazionale, bestia nera di tutti i movimenti sociali del mondo, gravata da evidenti fallimenti e scoperte collusioni coi poteri forti della finanza mondiale. Non a caso il MES collabora strettamente con esso, il suo direttore esecutivo («managing director», si noti la terminologia del più schietto aziendalismo…) Klaus Regling ha lavorato per anni al Fondo (oltre ad essere stato consulente del governo tedesco di A. Merkel sulla riforma del sistema finanziario, funzionario della Commissione europea, aver lavorato nel settore privato della finanza, col Moore Capital Strategy Group).

Oltre a presentare la natura di singolare interfaccia fra istituzioni statali (suppostamente) democratiche e mondo della finanza (dove il voto conta poco) il MES appare anche bifido in rapporto ai diversi soggetti con cui entra in contatto.

Sul piano puramente commerciale, rastrella soldi sul mercato dei capitali privati come un’azienda finanziaria (si vedano i comunicati in merito, gravati dal tecnicismo delle operazioni speculative, fra l’oscurità iniziativa e l’arida contabilità), nei rapporti con gli Stati dispone di strumenti di penetrazione interna per imporre l’austerità funzionale a ripianare le banche. È forse tale duttilità a rendere il MES uno dei soggetti più potenti sullo scacchiere, capace di marginalizzare persino Commissione e BCE. Seguendo la vicissitudini della Grecia ne risentiremo parlare.