Kori Doty, vive nel distretto canadese di British Columbia. Nato con un corpo di donna, ha deciso di essere uomo. Ha dei baffi radi e un abbozzo di barba (grazie a trattamenti ormonali), ma ha conservato l’apparato sessuale femminile e il seno. Ha avuto un bambino, che ha allattato, per il quale ha chiesto una tessera sanitaria senza riferimento al sesso. Per garantire la libertà del bambino di sceglierlo quando sarà in grado di farlo.

La British Columbia ha rilasciato una tessera sanitaria con la U (iniziale di unknown, ignoto) al posto del sesso, come era stato suggerito da Doty e dai suoi sostenitori.

Trascurando un fatto: indicare il sesso nei documenti di identità non è, in genere, di nessuna utilità amministrativa, ma ciò non vale nel campo della salute. Qui la differenza biologica tra i due sessi è significativa ed è nell’interesse dei bambini che venga esplicitata.

Doty ha chiesto e avuto la cancellazione legale della contraddizione reale tra il suo sesso biologico e la sua iscrizione psichica nel sesso opposto. Perché questa contraddizione potesse essere elaborata, sarebbe stato necessario che l’avesse riconosciuta e accettata come limitazione, invece di negarla. La libertà nasce dalla capacità di far uso delle contraddizioni ed è insensato interpretarla come diritto di cancellarle.

Doty ha ottenuto il permesso di risolvere la sua mancanza di libertà interiore, proiettandola, sotto forma di libero arbitrio, al figlio/a. Si sarebbe potuto verificare se come genitore fosse in grado di differenziare il destino del suo bambino dalle proprie angosce. È stato, invece, assecondato nella sua richiesta di gestirlo come sua proprietà, come cavia personale, perché edificare la propria identità a prescindere dal corpo è conforme alla scarnificazione diffusa delle relazioni sociali.

La sovradeterminazione sociale del nostra identità non passa attraverso l’assegnazione biologica del sesso. Tale assegnazione rispetta il legame tra psiche e corpo, senza il quale è impossibile sentire un vero piacere.

L’effetto restrittivo della società sul nostro modo di definirci, passa attraverso l’indebolimento di questo legame. Nei casi estremi psiche e corpo si dissociano e l’effetto sociale diventa alienante. Quando l’alienazione è grave la psiche si ritrae in se stessa e fa tacere il corpo elaborando strategie di scarica delle sue tensioni.

I bambini non possono costruire da sé la propria appartenenza a un sesso, indipendentemente dalla particolarità del loro corpo sessuato e senza l’incoraggiamento a svilupparlo nelle sue più intrinseche inclinazioni. I genitori non devono astenersi da questo incoraggiamento, che è anche un necessario riconoscimento.

Il diritto di Doty di sentirsi donna nel suo corpo d’uomo è altra cosa rispetto al suo progetto onnipotente di poter partorire da uomo con un corpo di donna nel quale non si riconosce e aspira a falsificare in senso maschile.

Nel campo della transessualità la falsificazione opera sempre nel senso dell’ermafroditismo: la negazione della differenza e del legame con l’altro che può arrivare fino all’amputazione del corpo sessuale.

Del rigetto dell’alterità si appropria un liberismo delle identità che si sta espandendo: l’idea di poterci costruire a nostra immagine e somiglianza. Il trionfo dell’autoreferenzialità, una fabbrica perfetta di automi.

Cos’altro può significare la «U» sulla tessera sanitaria, se non l’adesione, sotto forma di professione di libertà, all’ideale alienante di un’identità ignota? Essere ignoti a se stessi, prede senza difesa di un agire inconsapevole, impersonale, terreno fertile del totalitarismo.