Il vertice Nato di domani a Bruxelles, preceduto dal G-7 in Cornovaglia, inizia con due o tre barzellette e una cosa seria. La cosa seria è che il capo del Pentagono Lloyd Austin ha firmato una direttiva di allerta alle forze militari per fronteggiare la Cina come la sfida numero uno degli Usa e dell’Occidente.

Nel pacchetto proposto dagli Usa di Biden al vertice Nato c’è ovviamente anche il bersaglio Russia, con l’idea di un’alleanza tra le «democrazie liberali» europee da schierare contro Pechino e Mosca. In testa c’è sempre l’idea di un allargamento a Est della Nato che non farà altro che irrigidire il Cremlino in vista del vertice tra Biden e Putin.

Che cosa ci guadagna l’Europa in questa «prospettiva» di rapporti con la Russia e la Cina non è per niente chiaro. Visto che tra l’altro l’Alleanza Atlantica viene dal ritiro in Afghanistan che non è stato sancito dai Paesi Nato ma dalle trattative degli americani in Qatar con i talebani. Gli europei non hanno deciso niente se non il giorno della cerimonia dell’ammainabandiera.

Questo significa che gli Stati uniti quando c’è da stabilire qualche cosa lo fanno per conto loro e poi lo comunicano agli altri che devono trangugiare il loro menù, che piaccia o meno.

Ed eccolo il menù americano. Biden ha invitato gli altri leader a mandare un messaggio contro «i lavori forzati» e il trattamento della minoranza musulmana uigura nello Xinjiang da parte di Pechino. Come altro passo ha presentato una «via della Seta» occidentale. Dietro questo apparente umanitarismo si nasconde la nuova trappola: i talebani, mai dissociati nei fatti da al Qaida, e l’Isis, diffuso nella provincia del Khorasan, possano diventare uno strumento per destabilizzare con i jihadisti lo Xinjiang musulmano.

Magari lasciando sul posto la Turchia di Erdogan, membro della Nato che è diventato il maggiore manovratore di jihadisti tra Siria e Libia. Insomma anche dalla sconfitta in Afghanistan non si butta via niente e tutto si può riciclare.

Il vertice Nato si apre quindi sotto i «migliori auspici». Oltre al nemico numero uno Cina, a quello tradizionale, la Russia, si può anche pensare a una nuova campagna umanitaria del fronte delle «democrazie liberali» per esportare magari altra destabilizzazione, dopo l’Afghanistan, l’Iraq, la Siria e la Libia. Una catena di devastanti insuccessi. E in più gli Usa ci guadagnano economicamente, forse noi un po’ meno.

Perché l’Europa ha i «suoi» interessi economico-commerciali con la Cina e non vuole tagliare i ponti con Pechino, tanto è vero che nel 2020 la Cina ha superato gli Usa ed è diventata il primo partner commerciale dell’Unione. La realtà è che gli Usa, soprattutto nel settore tecnologico, stanno facendo pressioni sugli europei: da oggi si torna a comprare «americano».

Il summit atlantico a Bruxelles sarà l’occasione per ribadire questo messaggio. Lo sentiremo probabilmente nell’incontro tra Biden ed Erdogan, il quale ha acquistato da Putin le batterie anti-missile S-400. Un’anticipazione si è avuta nell’incontro nel porto siciliano di Augusta dove sulla portaerei più grande d’Europa, l’inglese Queen Elisabeth, si sono riuniti il ministro della difesa Guerini e due suoi colleghi, il britannico Ben Wallace e il turco Hulusi Akar.

Biden detesta Erdogan ma alla fine troveranno un accordo perché la Turchia si oppone alla Russia su tre fronti, Siria, Libia e Azerbaijan, E anche l’Italia si accomoderà con Erdogan magari scambiando le quote del gas Eni nel conteso mare di Cipro con qualche concessione in Libia dove la Turchia ha una sorta di protettorato sulla Tripolitania.

E veniamo alle barzellette. Che esista una politica estera europea ormai fa ridere tutti. Merkel è in liquidazione, Macron se la passa male (Johnson è più transatlantico che mai grazie alla Brexit). Se è vero che gli Usa hanno sospeso per ora le sanzioni contro il gasdotto North Stream 2 tra Russia e Germania, Washington non ha certo rinunciato a far saltare il progetto nominando Amos Hochstein, ex consulente di Obama e Biden, inviato speciale per gli affari energetici.

Hochstein ha fatto parte nel consiglio di supervisione del colosso energetico ucraino Naftogaz. E come tutti sanno il figlio di Biden, Hunter, è stato coinvolto in affari poco chiari nel settore del gas proprio in Ucraina. Hochstein è stato l’uomo ombra di Biden nel settore energetico. Questo ex ufficiale dell’esercito israeliano è stato quello che ha già fatto saltare il South Stream con Mosca (2 miliardi di commesse Saipem): attenzione non è un ecologista, lui sponsorizza il gasdotto Tap.

L’ultima storiella ci riguarda direttamente. Biden ha promesso a Draghi pieno sostegno sulla Libia; il presidente Usa è incerto solo su un punto: se raccontare o no al premier la barzelletta sulla «cabina di regia italiana» già promessa da Obama e Trump. E questo dopo avere bombardato Gheddafi nel 2011 con Francia e Gran Bretagna. Il figlio di Gheddafi Seif Islam intanto si vorrebbe candidare alla presidenza, sostenuto dell’attuale premier Dbeibah che aveva guidato una delle società di investimento di Seif. Capite bene in che mani siamo.