Il Meeting ufficiale anticipato dal “forum” fra amici. Rimini, capitale ciellina d’agosto, si capisce solo… da Francoforte. Il governo della sussidiarietà nazionale e il “compromesso storico” degli appalti ben prima dei riflettori mediatici hanno superato, e senza tanta pubblicità, l’esame europeo di tedesco. Perfino il «decreto del fare» ha dovuto ottenere la fiducia preventiva della Germania, grazie alla fraternità delle lobby.

Da domenica il Meeting è concentrato sulla comunicazione, la faccia istituzionale della medaglia di Comunione e liberazione. Magari c’è Formigoni che scalpita, ma stampa & propaganda metabolizzano: con i video-saluti del papa e del Quirinale o con l’inaugurazione ufficiale del premier Enrico Letta.

Ieri mattina all’ingresso sud della Fiera di Rimini telecamere e microfoni accesi fin dalle 10.30. Il “rumore” di decine di eventi sussidiari, come le impennate di Marco Melandri che si esibisce a pochi metri di distanza, non distolgono l’attenzione sull’appuntamento più atteso. I riflettori sono tutti concentrati in sala Neri: si parla dell’«Italia nella competizione internazionale», cioè dell’economia all’epoca della Grande Crisi. E’ il giorno di Flavio Zanonato, ministro dello sviluppo economico, Giovanni Castellucci, amministratore delegato delle Autostrade e Giuseppe Recchi, presidente dell’Eni. Con loro sul palco, Giuseppe Giordo (Alenia-Aermacchi), Flavio Valeri (Deutsche Bank) e Roberto De Santis, che guida il Consorzio imballaggi. Orchestra il dibattito Bernard Scholtz, presidente della Compagnia delle Opere.
Sulla carta, sembra un evento cruciale. Peccato che il «summit» di Rimini sia tutt’altro che inedito. Il vero meeting economico i ciellini lo hanno già prodotto due mesi prima a Francoforte. Non resta che riavvolgere il nastro delle informazioni…

Una processione di Stato

Sponsorizzato dalla CdO, patrocinato dal governo del fare, benedetto da (tutti) i socialdemocratici. Si chiama Deutsch-Italienisches Wirtschaftsforum e conta ben più della fiera di Rimini. E’ il pellegrinaggio dei ciellini alla Mecca degli affari & finanza. Una processione di Stato nei santuari del vero potere, per “rimbalzare” nella rete che protegge dalla crisi. Un viaggio provvidenziale, diplomatico, ufficiale quanto basta a disegnare il diagramma di flusso nell’epoca della recessione infinita. La massima potenza istituzionale dispiegata a beneficio di un unico obiettivo: vendere l’economia sussidiaria ai primi investitori d’Europa. Accreditare il sistema ciellino nel modello tedesco.

Per questo il 18 giugno l’ingresso dell’hotel Marriott sull’Hamburger Allee è affollato fin dalle 8 di mattina. Sulla strada gli addetti alla sicurezza sorvegliano la coda di berline scure, alla reception gli addetti alla registrazione smaltiscono una boarding list vertiginosa. Spiccano Zanonato, il ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi, Philipp Rösler, ministro tedesco dell’economia e della tecnologia e Frank Walter Steinmeier, capogruppo della Spd al Bundestag. Non sono gli ospiti più importanti. La stella polare, per tutti, è l’italo-tedesco Bernhard Scholz che dirige la Compagnia internazionale della sussidiarietà.
Una combinazione perfetta. Il ponte naturale. La  Grosse Koalition delle Larghe Intese. Sorretta come si deve anche dal punto di vista mediatico: embedded per l’occasione i direttori del Corsera Ferruccio De Bortoli, del Sole 24 Ore Roberto Napoletano e l’editore del gruppo Welt Thomas Schmidt. Del resto, l’incontro è davvero ecumenico e lo “spirito di Francoforte” fa autentici miracoli. A partire dal Pd: in riva al Meno ritrova la linea insieme all’unità programmatica. Al summit di Francoforte dinosauri e rottamatori navigano sullo stesso campo di regata. E non stupisce la presenza di Matteo Renzi, accanto al fedelissimo di Bersani: l’ex sindaco di Padova Zanonato.

Diplomazia in campo

La fiera di Francoforte è celebrata con consueta diplomazia. Il benevenuto agli ospiti affidato al protocollo di Elio Menzione, ambasciatore a Berlino e presidente onorario della Camera di commercio italiana in Germania (Ccig) che ha cogestito il vertice. Una galassia di relatori illustri: da Giuseppe Vita, presidente di Unicredit, a Raimund Becker, del consiglio direttivo della potentissima Bundesagentur für Arbeit; da Hans Joachim Otto, segretario di Stato parlamentare del ministero della tecnologia, a Michele Valensise, segretario generale della Farnesina.
Un incontro magnificamente sintetizzato da Emanuele Gatti, presidente della Ccig: «Per i rapporti economici vale la convinzione espressa da Annibale al generale che diceva che era impossibile oltrepassare le Alpi: aut viam inveniam aut faciam. O troviamo una strada o ne facciamo una».

Come? Lo spiega Scholz con un ragionamento da manuale del business parallelo al libero mercato: «Il modello non è far crescere tutte le piccole e medie imprese. Sì, possono crescere, va bene. Ma il modello è mettersi insieme, fare eventi, creare networking anche a livello internazionale».

La linea, per tutti, è questa. E Francoforte val bene una messa anche per il governo Alfano-Letta a caccia di accrediti nell’Europa che conta. Nell’estate 2011 Mario Monti era stato istituzionalmente “anticipato” da Napolitano a Rimini. Ora le larghe intese necessitano di un livello più alto, con la stessa garanzia del marchio ciellino. Per questo conviene, prima di tutto, ascoltare.

Le traduzioni in cuffia restituiscono l’esegesi della sussidiarietà italo-tedesca. Spetta al ministro Zanonato elencarne i sistemici punti di convergenza. «Abbiamo bisogno di offrire alle nostre imprese la possibilità di competere alla pari: questo è il karma. A una disanima serena, le aree di convergenza superano di gran lunga le divergenze. E i dati parlano chiaro: i nostri sistemi economici sono molto più simili di quanto le nostre opinioni pubbliche siano portate a credere». Fin qui la comunicazione ufficiale. Il resto si può leggere on line su Die Zeit, settimanale di Amburgo di area socialdemocratica, che riporta i passaggi più intensi e “stampa” le domande giuste. Letteralmente: «A Francoforte il ministro italiano per lo sviluppo economico indica gli 80 punti del piano di ripresa adottato durante il fine settimana. Conteneva ’piccoli ma importanti passi’. Progetti di investimenti pubblici, un approccio più clemente nella riscossione delle imposte, una tassa energetica inferiore. Per fare questo serve una riforma dell’amministrazione. ’Gli imprenditori tedeschi che investono in Italia possono aspettarsi meno burocrazia e procedure giudiziarie più veloci’ ha detto Zanonato, ricordando che Letta ha spiegato che le riforme non causeranno oneri supplementari per l’erario». In che modo verrà finanziato il programma di stimolo economico?, domanda a Zanonato la Zeit. Non torna la “formula” chiave della ricetta-Letta: «Meno tasse senza aumentare il debito?». La risposta non arriverà nemmeno dalle aule parlamentari. E due mesi dopo al Meeting basta sempre far finta di governare.

A Francoforte, comunque, la CdO ha già affidato un preciso mandato al “Formigoni del Veneto”: «Apprezzo Zanonato, le imprese italiane devono poter competere alla pari. Sono costrette a reggere pesi infrastrutturali e burocratici superiori alla media, una tassazione eccessiva e costi energetici penalizzanti. Il decreto del fare dà impulsi significativi nella giusta direzione» recita Scholz. Ma Francoforte è anche il pulpito per parlare a Bruxelles, che ha chiuso i rubinetti degli aiuti e imposto il rigore sulle Grandi Opere. L’Italia ha i conti a posto, assicura il capo della CdO: «E lo sforzo di rientrare nei parametri del 3% nel rapporto tra debito e pil va premiato con la golden rule che prevede di detrarre gli investimenti in infrastrutture strategiche. E’ un driver per tutti» conclude due mesi prima della passerella di Rimini.