Il 65 per cento dei medici di medicina generale (in tutto sono 60000) ci hanno detto, ber bocca del loro segretario nazionale Giacomo Milillo, che la sanità ha problemi finanziari e che per non mettere in pericolo i loro interessi bisogna tagliare i diritti delle persone. Le tesi avanzate al congresso sono chiarissime. La sostenibilità finanziaria della sanità è impossibile, non possiamo più fornire a tutti i cittadini le prestazioni sanitarie gratuitamente, non possiamo più porre la spesa sanitaria pubblica a carico esclusivo della fiscalità generale, il cittadino che può pagarsi l’assistenza sanitaria deve provvedere in proprio e arrangiarsi con mutue, fondi integrativi, assicurazione private, la gratuità dell’assistenza vale solo per gli indigenti.

A queste tesi non è difficile rispondere nel merito. Se in sanità vi sono problemi finanziari tre sono le soluzioni possibili: lotta alla corruzione e al malaffare che si mangia almeno 1/4 della spesa complessiva della sanità(circa 30mld); un vera spending review per abbattere le tante diseconomie di sistema (gli sprechi in sanità sono stati calcolati dall’Agenas in 6 mld); una riforma per rimuovere le antieconomie cioè per cambiare vecchi modelli di tutela che a certi costi non producono ragionevoli benefici tra i quali la medicina di base(oggi è dimostrato che l’esercizio poco responsabile della medicina generale è tra le prime cause di inappropriatezza).

Le diseguaglianze dei cittadini nei confronti del diritto alla salute, sono considerate dall’epidemiologia moderna il principale determinante sociale che crea malattia. Infine, definire oggi ,in recessione, chi è “l’indigente” da una parte implica la definizione di un soggetto sociale esteso, cioè un esercito di persone, che va dal povero al disoccupato e al precario, dall’altra, con l’evasione fiscale che abbiamo, rischia di ammettere tra gli indigenti la maggior parte degli evasori fiscali.

Vorrei ricordare en passant la grande assurdità rappresentata dalla “convenzione per la medicina generale” cioè il contratto che lo Stato fa con questi medici, dove si prevede che siano pagati automaticamente a quota capitaria, cioè in proporzione al numero di assistiti che hanno e non in proporzione a quello che fanno effettivamente. Si tratta di una assurdità che nessun governo ha mai voluto affrontare, tanto è il peso politico di questa corporazione. Oggi quello che non a caso si continua chiamare il “medico della mutua” ha tutti i benefici del rapporto libero professionale e, contemporaneamente, tutti i privilegi delle garanzie pubbliche. Questo stato di cose è all’origine da sempre dei più significativi problemi di sostenibilità del sistema sanitario e così pure dei principali problemi di assistenza lamentati dai cittadini.

A fronte di questa situazione sentire dire dai “medici della mutua” riuniti a congresso che la tutela pubblica va ristretta ai soli indigenti è paradossale e inverecondo. A mio parere, è come se il segretario nazionale dei medici di medicina generale si fosse posto, di fatto, come qualcuno che apologizza i reati che il suo codice deontologico condanna. La cosa è allo stesso tempo, paradossale e interessante: paradossale perché il codice deontologico appena approvato, ha avuto nel segretario nazionale della Fimmg il suo principale sostenitore, interessante perché la relazione del dott Milillo pone due questioni. Se è lecito per una intera categoria medica teorizzare politiche apertamente anti deontologiche; in che modo i medici generali si devono organizzare per ottemperare ai loro obblighi deontologici.

L’art.3 obbliga il medico a garantire «la tutela senza discriminazioni», l’art.5 dice chiaramente che per il medico «l’equità sociale è un determinante fondamentale della salute individuale e collettiva» e che «il medico ha il dovere di contrastare le diseguaglianze», l’art.30 obbliga il medico ad evitare «qualsiasi conflitto di interesse nel quale il comportamento professionale risulti subordinato a indebiti vantaggi economici». Ma se tutto questo ha un senso quale medicina generale? Quale convenzione? Quale medico? E’ legittimo che la Fimmg teorizzi pubblicamente la negazione di importanti principi metodologici? Mi si potrà eccepire che Milillo ha il diritto ad avere una sua opinione, e questo è incontestabile, ma se Milillo parla pubblicamente da medico e da rappresentante di medici in un congresso che delibera degli orientamenti rivolti a circa 55000 medici, la cosa cambia e di molto. Chi da medico teorizza pubblicamente diseguaglianze e discriminazioni si pone alla stregua di un istigatore contro la deontologia che lo vincola. Quindi, avvalendomi dell’art.68 dove si dice «il medico è soggetto alla potestà disciplinare dell’ordine indipendentemente dalla natura giuridica del rapporto di lavoro», chiedo e propongo che la federazione nazionale degli ordini esamini tale circostanza per valutare i necessari provvedimenti disciplinari.