Molti ricorderanno Massimo Scalia per l’impegno politico e civile per il suo ruolo infaticabile di maestro e formatore, che lo ha portato ad essere protagonista nei movimenti, nella battaglia antinucleare insieme all’inseparabile Gianni Mattioli, nella nascita di Legambiente e nella fondazione dei Verdi. È giusto e persino dovuto che sia così.

IO PERÒ FACCIO FATICA a separare l’impegno civile dall’amicizia. In tutti questi anni ho continuato, pur cambiando i ruoli, a chiamarlo Boss. Uno scherzo e una specie di parola d’ordine tra di noi, che a lui piaceva. Mi rendo ora conto che questa amicizia, crudelmente interrotta, pur nella diversità di generazioni, dura da cin-quant’anni. Nata da una condivisione politica e di valori a partire dal 1973 in quello che era il nucleo del Manifesto del Dipartimento di Fisica a Roma, che aveva come nume tutelare Marcello Cini. Cresciuta in frequentazioni comuni, vacanze insieme con la tanto amata e fiammeggiante Adele, scomparsa nel luglio scorso. E poi confronti, incontri in tutta Italia, lunghissime e rissose partite a tennis: Massimo, al contrario del suo carattere nella vita, era un pallettaro, detto da me che non sono mai stato un interprete credibile del serve and volley.

L’APPARENTE CINISMO di Massimo nascondeva una sensibilità e una gentilezza straordinarie. Nel maggio scorso, in risposta a un mio pezzo sulla storia di Legambiente dopo l’incidente di Chernobyl mi scrisse un commento, come sempre autoironico e brillante: «Sto diventando – scriveva Massimo – peggio degli alcolisti anonimi, con un sorso di vino mi commuovo a ogni refolo di epica». E mi inviò un suo articolo apparso su “Nuova Ecologia” sulla nascita di Legambiente nel 1980 e sul ruolo avuto dal Comitato per il Controllo delle Scelte Energetiche guidato da lui e Mattioli.

SCRIVEVA MASSIMO all’inizio di quest’anno e al presente: «Pci e Psi sperano, con l’operazioneLega per l’ambiente-Arci, di recuperare il dissenso sul nucleare. Poche settimane prima, a gennaio, si è tenuta a Venezia la Conferenza sulla sicurezza nucleare e neanche la “benedizione” di Edoardo Amaldi al “via” al piano nucleare del Governo – i maligni sussurrano ottenuta a patto di non far eleggere Antonino Zichichi alla presidenza del CERN di Ginevra – è riuscita a cogliere l’obiettivo. Addirittura, reduce dalla Conferenza, il sindaco di Montalto ha emesso un’ordinanza di blocco dei lavori della centrale. Una vera patata bollente, e si profila lo scontro anche sulla caccia.

Scelgono come segretario Chicco Testa, che ha dato buona prova di sé nella Fgci. Testa è un mittel-padano, ma, allora non contaminato dall’attuale fissazione nucleare, ha vista lunga. Capovolgerà in poco tempo lo schema classico degli “organismi di massa” – se il segretario è comunista, allora il presidente ha da essere socialista, nella fattispecie Maurizi Sacconi – e, con ancora in mente la grande manifestazione a Roma dell’anno prima (con40.000 persone in piazza n.d.r.), chiede al Comitato di “prestargli uno bravo”. Dopo un rapido confronto, ci va, volentieri, Ermete Realacci. Le spese per manifesti e volantini, e, soprattutto, l’adesione alla critica dei piani energetici del governo – “I conti falsi del PEN” – sono la contropartita.

La coppia, Chicco presidente Ermete segretario, vanificherà rapidamente gli intenti dei due partiti della Sinistra – niente “cinghia di trasmissione” – e farà della Lega la struttura stabile del movimento antinucleare, ereditando quasi ovunque i comitati per le scelte energetiche, regionali o locali, che erano sorti un po’ in tutta Italia. Col crescere dell’associazione esporterà nel mondo ambientalista il gusto della proposta al di là della protesta, l’“ambientalismo scientifico” e l’attenzione alla società che c’è».

QUESTA LUNGA CITAZIONE di Massimo serve a spiegare un contenuto decisivo: l’ambientalismo scientifico è un ingrediente essenziale della cultura che porta Legambiente ad essere protagonista nella fase calda della battaglia antinucleare. Eravamo dei pervertiti, passavamo nottate a discutere di energia e tecnologia, a fare conti e avanzare proposte, che si sono sempre rivelate più credibili di quelle dell’Enel e dei governi di allora. Era in campo un dream team di persone straordinarie: Pinchera, Cannata, Giovenale, Silvestrini e tanti altri.

MA AVEVAMO ANCHE una cultura di movimento, responsabilità, coraggio e un certo incosciente sprezzo del pericolo. Anche per questo l’Italia fu, su iniziativa di Legambiente, nel 1986, dopo Chernobyl (il 26 aprile) l’unico Paese europeo a portare in piazza il 10 maggio a Roma 200.000 persone e a bloccare tutti gli impianti nucleari il 10 ottobre. Premessa per la vittoria nel referendum antinucleare del 1987. E fu «l’attenzione alla società che c’è» che favorì anche l’incontro con Alex Langer che giustamente diceva: «La conversione ecologica si potrà affermare solo quando sarà percepita come socialmente desiderabile». E questo significa fare i conti con economia e lavoro oltre che con aspirazioni e speranze condivise. Proprio Langer e Scalia furono i primi firmatari del più importante manifesto che porta alla nascita del Verdi.

ANCHE L’IMPEGNO parlamentare di Massimo è stato insieme intelligente e concreto. Penso per esempio alla nascita e alla sua presidenza della prima Commissione Parlamentare sul ciclo dei rifiuti. L’origine diun percorso che ha portato, grazie alla spinta costante di Legambiente e soprattutto di Enrico Fontana, all’approvazione della Legge sugli ecoreati a mia prima firma.

Avevamo negli ultimi anni preso l’abitudine di vederci ogni tanto e pranzo con Massimo Serafini, amico fraterno, anche lui dotato di spiccata autoironia, talvolta con Fabio Renzi. Non un raduno di vecchie glorie ma un’occasione per parlare di presente e futuro, per coltivare la sana pianta dell’amicizia, quella che dà piacere e scalda il cuore.

IN UNO DI QUESTI incontri ho ricordato la chiusa dell’Ulisse di Tennyson che amo molto: «Noi non siamo ora quella forza che in giorni antichi mosse terra e cieli, ciò che siamo, siamo; un’eguale indole di eroici cuori, fiaccati dal tempo e dal fato, ma forti nella volontà di combattere, cercare, trovare, e di non cedere». Il fato ci ha sottratto Massimo, ma il ricordo di ciò che è stato vive in noi. Ciao Massimo, amico mio.

* Presidente della Fondazione Symbola

L’ultimo saluto a Massimo Scalia

Per decisione del figlio Luca, chi vuole potrà salutare Massimo Scalia – uno dei padri dell’ambientalismo scientifico in Italia, morto in un grave incidente stradale a Roma l’11 dicembre scorso – sabato 23 dicembre, dalle 11 alle 13 presso la Protomoteca del Campidoglio a Roma.