Si fa molta pubblicità all’impegno europeo di aiuti finanziari e tecnici all’Ucraina per fronteggiare il suo presente di indebitamento. Ma parallelamente si lavora per impostare sul suo territorio, una piattaforma logistica a valenza strategica, piani a medio e lungo termine che hanno un obiettivo molto preciso: il reset del marketing europeo del gas naturale volto a spiazzare la posizione dominante di Mosca.

Interessi politico-strategici internazionali ed interessi commerciali che fanno capo a compagnie e traders europei, tagliati fuori dal business intrecciato tra Gazprom e alcune Big Oil europee, trovano fondamento di alleanze a vari livelli. Chi aveva letto nel calo delle esportazioni russe del 2012 il sintomo di una inversione di tendenza, ha infatti ricevuto un brutto colpo dai dati consolidati 2013 che evidenziano la forte ripresa delle vendite Gazprom nel 2013, in paesi chiave come Germania, Gran Bretagna, Italia e Paesi del Centro Europa. Certamente questo recupero è stato favorito da una politica più flessibile sui prezzi; ma questo dato inatteso ha spinto, approfittando della crisi ucraina, a far scattare tempestivamente una strategia di boicottaggio decisa a porre paletti a questa tendenza per poi nel tempo ribaltarla.

La Commissione Europea, si presta a supportarla con gli strumenti che ha, irrigidendo il controllo sulle regole imposte dal «third energy package» (il principio del cosiddetto «unbundling» che non dovrebbe permettere a chi esporta gas anche di entrare nel business della distribuzione commerciale) varato nel 2011. Regole che finora si sono focalizzate ad ostacolare le politiche commerciali di Gazprom, che dal marketing sul territorio europeo ricava forti introiti. La strategia anti Gazprom a 360 gradi prevede due passaggi funzionali molto precisi.

Kiev si deve smarcare progressivamente dalla dipendenza energetica da Mosca, altrimenti resterebbe un anello troppo debole per sostenere il suo ruolo di pivot nel disegno complessivo. E questo è l’obiettivo più difficile da realizzare. La rete ucraina di gasdotti e grandi stoccaggi, ereditata dall’Urss e gestita dalla compagnia nazionale (ancora per poco) Neftegas, anche se obsoleta, rappresenta un asset strategico che Gazprom ha sempre tentato di acquisire in tutto o almeno in parte. E’ infatti collegata direttamente ai circuiti del marketing europeo continentale che ha il suo hub del mercato spot a Baumgarten in Austria. È dunque imperativo che la cerniera ucraina diventi il più presto possibile parte integrante del sistema di sicurezza e di commercializzazione del gas sul territorio europeo (indipendentemente da quando Kiev entrerà formalmente in Europa o nel sistema Nato).

A partire dalla logistica ucraina, come piattaforma sperimentale, possono partire i primi test su come i flussi del gas russo potranno essere dirottati. Quelli che, come si prevede, si mostreranno più funzionali, costituiranno il circuito a medio termine su cui costruire nel tempo un marketing alternativo anche se informale alle politiche commerciali di Gazprom. Sulla nuova scacchiera il giocatore russo sarà spinto ad arretrare anche solo per difendere un ruolo di mero venditore: il marketing sul territorio europeo lo faranno altri.

Bruxelles gestisce i primi esperimenti test del circuito su cui far girare le esportazioni del gas russo all’Europa, togliendole dal controllo diretto di Mosca. Gazprom trova infatti i percorsi previsti con i suoi partner europei per aggirare eventuali problemi sul territorio ucraino, improvvisamente bloccati da semafori rossi o strozzati da capacità disponibili molto ridotte: il risultato previsto è che, arrivando ai punti di ingresso sul territorio europeo, vi può svolgere un ruolo di mero venditore ma non può penetrarvi se non con attività di marketing marginali. Perdendo ovviamente in profitti ed in strategie commerciali: quelle che Putin ha costruito puntigliosamente nell’ultimo quinquennio, con partnership ed incastri societari europei a vari livelli.

La crisi della Crimea e le richieste di aiuto di Kiev (non solo in termini finanziari ma anche energetici), forniscono l’occasione di far giocare a Bruxelles una postura punitiva sull’avventura russa in Crimea. Che non appare sul fronte delle sanzioni poiché apparentemente sembra limitarsi al rispetto rigoroso delle regole comunitarie.
Di fatto, la pedina Bruxelles permette, sulla scacchiera di questa partita, di spiazzare le posizioni incerte di alcuni stati europei: c’è un disegno strategico di vecchia data che non riusciva a trovare consistenza per le politiche bilaterali di convenienza commerciale dettate dalle alleanze di Gazprom con importanti Big Oil europee.
(Domani la terza parte conclusiva dell’analisi su gas, petrolio e Ucraina)