A dispetto dell’apparenza, il mare italiano – asset fondamentale del Belpaese – è in pessimo stato di salute. Rifiuti a iosa sulle spiagge e metà delle coste inquinate (un punto ogni 59 km, è la media), proliferanti di colibatteri o asfissiate da sostanze tossiche e idrocarburi, con situazioni estreme che rendono parte delle località marine non balneabili (ma i divieti sono spesso poco o nulla segnalati). La causa prima è da attribuire alla cattiva depurazione delle acque reflue o agli scarichi illegali che arrivano al mare attraverso i corsi d’acqua.

È quanto appurato dal veliero di Goletta Verde 2018, la campagna di Legambiente dedicata a monitorare la qualità delle acque marine, rientrato in porto dopo un viaggio iniziato dalla Liguria e terminato in Friuli Venezia Giulia.

«Solo il 52% dei 261 punti campionati dai tecnici nelle 15 regioni costiere italiane, infatti, è risultato entro i limiti di legge; il restante 48% è invece “fortemente inquinato” (39%) e “inquinato” (9%)», si legge sul report dell’associazione che ha «presentato esposti alle Capitanerie di porto per 45 località monitorate» e confida ora che grazie alla legge sugli ecoreati si possano «verificare le cause e denunciare i responsabili» di tale scempio.

Un’azione giudiziaria che Legambiente ha deciso di intraprendere visto che su 149 foci di fiumi, canali e corsi d’acqua di vario genere monitorate, 106 (il 71%) sono risultate «fortemente inquinate», ossia che superano per più del doppio il limite normativo (il 61%), e «inquinate» (il 10%). Ma «poco o nulla è stato fatto negli anni», denuncia il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti che ricorda come «la grande opera pubblica di cui non si parla mai nel nostro Paese è il completamento della rete fognaria e di depurazione delle acque reflue. La mala depurazione è, infatti, – aggiunge – un’emergenza ambientale che va affrontata con urgenza visto che siamo anche stati condannati a pagare all’Ue una multa da 25 milioni di euro, più 30 milioni ogni sei mesi finché non ci metteremo in regola».

L’Italia infatti è già stata oggetto di due condanne e di una terza procedura d’infrazione, che riguardano complessivamente 909 agglomerati urbani, di cui il 25% in Sicilia (231 agglomerati), 143 in Calabria (16%), e 122 in Campania (13%). Ed è in Sicilia che Goletta verde ha trovato il maggior numero di località fuorilegge (21 punti su 26 campionati lungo le coste regionali). Seguono la Campania con 20 punti oltre i limiti (19 «fortemente inquinati») su 31 campionamenti effettuati, il Lazio con 17 punti da bollino rosso sui 24 monitorati (12 sono «fortemente inquinati»), e la Calabria con 15 su 22 (12 «fortemente inquinati»).

A completare il quadro disastroso c’è la questione rifiuti sul lungomare. Lungo le 78 spiagge monitorate sono stati trovati quasi 50mila rifiuti, una media di 620 rifiuti ogni 100 metri. Di questi l’80% è plastica e ben un rifiuto su tre è stato creato per essere gettato immediatamente dopo il suo utilizzo e appartiene alle categorie di bottiglie e tappi, stoviglie, buste rinvenuti sul 95% delle spiagge monitorate. D’altronde, i volontari di Legambiente hanno già organizzato numerose iniziative per ripulire i litorali italiani, e su 500 spiagge setacciate hanno rimosso circa 180mila tra tappi e bottiglie, 96mila cotton fioc e circa 52mila tra piatti, bicchieri, posate e cannucce di plastica.

Infine, Legambiente ha lanciato la petizione #NoOil indirizzata al ministro dello Sviluppo Di Maio per dire «basta» alle estrazioni e ai continui sussidi che vengono erogati alle infrastrutture, per la ricerca e la produzione di energia da fonti fossili che mettono a rischio oltre 120 mila chilometri quadrati dei nostri mari.