Viene dal profondo meridionale, da onde pugliesi entro cui si nascondono Majare e Sirene e da boschi lucani in cui giocano Monacelli e Fauni, una proposta per una Europa come la vorremmo: razionale e magica, differente e unita, fatta di «voci e canti di popoli», come avrebbe detto Herder, e non risuonante di merci e divisioni.
È una proposta che si discuterà domani a Roma, in un convegno organizzato dall’Istituto della Enciclopedia Treccani e dalla Regione Puglia, avente come titolo La Fiaba, cifra dell’identità europea e che vede una serie di relazioni interdisciplinari da parte di importanti studiosi nazionali e internazionali (Bray, Lauer, Puglisi, Lombardi Satriani, Margiotta, Bevilacqua, Pinto, Borghi, Durante, Patruno, con una struggente video intervista di Roberto De Simone e un saluto del responsabile culturale dell’ambasciata Italia-Grecia).

IL CONVEGNO ha come fine l’esplicitazione teorica di un progetto visionario della Regione Puglia, intitolato Le Strade della Fiaba, che prevede la ricostruzione/valorizzazione di un percorso paesaggistico e antropologico di circa milleseicentomila chilometri che, dalla Basilicata de Lo Cunto de li Cunti di Basile, passando attraverso la Puglia delle raccolte di Bronzini e di La Sorsa, arrivi fino alla Grecia e all’Albania in cerca del mito, recuperando nel passaggio, comunità ai margini e lingue dimenticate come l’Arbëreshë e il Griko (Del. reg. 28 luglio 2018).
Il convegno però ha anche come fine quello di avviare l’allargamento della protezione Unesco (stabilita nel 2012 solo per le fiabe tedesche dei fratelli Grimm nel Memory of World), a tutta la fiaba popolare europea in quanto non solo bene da custodire nel Patrimonio culturale immateriale dell’umanità, ma in quanto cifra della stessa identità europea.

LA FIABA POPOLARE europea, come spiegò una generazione romantica in cerca di una Heimat che non fosse sovranista e militare ma culturalmente universale (Herder, Novalis, Goethe, i Grimm), è la voce poetica dello spirito delle nazioni e dei popoli oralmente narranti che vi hanno racchiuso, come in un magico scrigno, i loro simboli, i loro sogni, le forme religiose e rituali ma anche le conoscenze tradizionali, gli usi civici, le trasmissioni di antichi mestieri, i legami di solidarietà e cooperazione nonché le interazioni complesse con la natura, con gli animali, gli alberi, i paesaggi e le stelle. Ogni popolo, ogni comunità, ha così elaborato una propria fiaba. Ogni popolo, italiano, russo, francese o tedesco, ha elaborato la fiaba russa, italiana, francese o tedesca, modulandola in base al proprio genius loci, arricchendola, come dice Calvino, di «aromi locali» o, come dicono ancora i Grimm, dell’«odore della propria terra e della luce del proprio cielo». Ogni popolo cioè ha elaborato una propria identità narrativa su cui ha fondato, anche quando la nazione ancora non si era fatta Stato e spesso anche contro lo Stato, una identità politica, un orizzonte etico, una coesione civile.

OGNI POPOLO però ha viaggiato e ha ospitato. La civiltà, infatti, non cammina se si pongono muri e confini. La civiltà vuole una strada, di terra o di mare, ma aperta. Perciò ogni fiaba ha migrato, ha seguito le tracce dei mercanti, le transumanze dei pastori, le carovane dei pellegrini. Se si è fermata nelle piazze, nelle cucine o nelle osterie, lo ha fatto per poco, per «meticciarsi» e per contaminare, così che, dice ancora Calvino, «il mio lupo è diventato il tuo lupo, e mia la tua lanterna».
L’ospitalità narrativa in tal modo praticata le ha dato anche una universalità di struttura, che attesta l’universalità della vicenda umana nella sua formazione: un viaggio, la vita, pieno di prove, e in cui nessuno si salva da solo, come spiegò Gramsci in carcere, traducendo la fiaba di Giovannino senza paura presa a modello di un sapere comunitario contro un mondo improvvisamente divenuto «grande e terribile».

LA STRADA della fiaba è perciò strada glocale, di identità e differenze, di radici e di comunioni, di derive e approdi. Essa è la stessa su cui si è costituita l’Europa. Prima di diventare una comunità culturale e una organizzazione politica, l’Europa era una ninfa che, come ricorda il mito (padre e matrice della fiaba), viaggiava verso il nord venendo da sud, collegando così le montagne e il mare, il cuore nordico delle culture europee con le vicende di un Mediterraneo che allora, come ora, deve essere capace di ospitare e di ascoltare.

TENENDO IN MEZZO l’Italia, nazione calda e generosa, confine da dove, fra corti e cucine, in un Seicento molto meridionale, partì il monito «È pazzo chi osa contrastare le stelle!» (Basile), fregio della fiaba più universale e più bella (centinaia sono le varianti, anche arabe, africane, persiane): la fiaba di una donna «cenerentola», una donna di cenere condannata in un lugubre sottoscala, che perde la scarpa e la ritrova, dimostrando come la felicità, le nozze, l’incontro, il ballo, hanno senso solo se il piede rimane ben radicato sulla terra, sulla Madre Terra.

 

SCHEDA

Il convegno su La fiaba, cifra del’identità europea si terrà a Roma, domani (Sala Igea). Relatori, Massimo Bray (direttore generale di Enciclopedia italiana Treccani), la docente di didattica delle culture Laura Marchetti (responsabile progetto «Le strade della fiaba»), Bernhard Lauer (università di Maburgo), Giovanni Puglisi (rettore università Enna), Umberto Magiotta (professore emerito di pedagogia), Luigi M. Lombardi Satriani (antropologo), Franca Pinto Minerva (pedagogista), lo storico Piero Bevilacqua, Battista Borghi (Fondaz. Montessori), Lea Durante (Bari, Letteratura italiana), Roberto De Simone, regista teatrale. Chiude Aldo Patruno, direttore dipartimento turismo e cultura Puglia.