È un polipo verde (disegnato da Nicola Pecoraro), colto da improvviso stupore, ad aprire la strada al Museo per l’immaginazione preventiva, quello che diventerà il Macro con la guida del nuovo direttore artistico Luca Lo Pinto (selezionato tramite bando, sarà al timone fino al 2022). Il richiamo è immediato e riguarda quell’ufficio rivoluzionario che nel 1973 voleva ribaltare gli assetti del mondo attraverso la creatività (a quel tempo, lo avevano istituito Carlo Maurizio Benveduti, Tullio Catalano, Franco Falasca). Così dopo il Macro Asilo e la «piazza aperta», il sistema fondato su ritratti e atelier di artisti che agivano in totale autogestione (secondo il modello voluto da Giorgio De Finis), il museo di via Nizza si ri-fonda: da quest’anno sarà «una rubrica tridimensionale» costellata di appuntamenti – dal design all’editoria fino alla musica sperimentale.
Luca Lo Pinto, 39 anni, curatore alla Kunsthalle Wien e co-fondatore della rivista e casa editrice Nero, alle mostre preferisce i «formati», palinsesti e display su cui possano ruotare gli eventi (dalle monografiche alle collettive, alle iniziative per i più piccoli fino al riapparire delle collezioni invisibili del Macro) rendendo fluido lo spazio. L’articolazione non può che rispecchiare i tentacoli del polipo-avatar.
Dopo un restyling, l’inaugurazione del nuovo corso avrà luogo il 24 aprile con una mostra disseminata. Ma sarà il 3 ottobre la data in cui quel «dispositivo della visione» sarà messo a punto per la prima volta. «Declinerò l’istituzione in una dimensione performativa: un grande stage in cui far convivere situazioni, mostre, progetti con dimensioni spaziali e temporali diversi», ha affermato Lo Pinto. E seppure in versione editoriale, il seme gettato da De Finis sembra promuovere altre coltivazioni. Il terrore che aleggia in tutti questi nuovi direttori è senz’altro la deriva didascalica di un museo. Sui risultati, poi, si vedrà.