Ne Il libro delle immagini di Bianco-Valente, in realtà di immagini ce n’è una sola, quella di copertina: un bambino salta giù da un muretto, nella luce estiva, alta e bianca, e il suo corpo proietta a terra un’ombra netta, la silhouette di un volo d’infanzia, quando saltare è un bisogno. Alle sue spalle un paesaggio marino di pini e acqua, un’impressione di vento, e il bianco e nero- un po’ sfocato – degli anni Sessanta.

Teniamo presente l’energia visiva, e fisica, di questo scatto, perché la sua essenza di foto anonima eppure evocativa, quella familiarità che ne promana, come di un’infanzia possibile, ci servirà a capire.

Il libro delle immagini (Postmedia Books, pp. 208, euro 16,90) è un manufatto d’artista che conclude un progetto singolare e prezioso, ideato e realizzato con operosità paziente da Bianco-Valente, coppia di artisti visuali e concettuali, uniti nel lavoro e nella vita. In viaggi e vagabondaggi artistici ed esistenziali Bianco-Valente hanno raccolto qua e là, nei mercatini, nelle vecchie librerie, delle fotografie d’epoca: sono immagini orfane, prive di didascalia, di testo e contesto, di colori e riferimenti geografici precisi.

Narrazioni
Documenti smarriti, indizi di difficile interpretazione, queste foto sono fantasmi di un fatto trascorso, di vite vissute, di storie ignote eppure accadute. Bianco-Valente ne hanno scelte ottantaquattro di piccolo formato, le hanno firmate sul retro – dunque riconoscendole come proprie opere d’arte, diventandone gli autori – le hanno incorniciate in legno chiaro, cm 23 x 23, e spedite ad altrettante persone (amici, artisti, critici, scrittori, storici dell’arte, architetti), invitandole poi a restituire un testo descrittivo della foto loro donata.

Nasce così un doppio livello estetico del progetto Il libro delle immagini, quello dell’installazione diffusa nelle case o negli studi dei futuri narratori e quello dei racconti scaturiti dalla convivenza e dal confronto di questi ultimi con la fotografia scelta per ciascuno di loro. L’arrivo di un’opera d’arte in una casa – nella vita di una persona – suscita emozioni, evoca ricordi; se poi si chiede di descriverla, in libertà, partecipando a un progetto corale di cui però come singoli non si conoscono i dettagli, l’esito finale è inatteso, basculante, stimolante. Offrendo ad altri di battezzare a parole, in un’ipotetica partitura polifonica a ottantaquattro voci, le foto selezionate, Bianco-Valente hanno dato luogo a un’opera relazionale intensa e in divenire perché, scorrendo le oltre duecento pagine, il lettore è chiamato a partecipare – in realtà non se ne può fare a meno, pur a volere opporre resistenza – al processo di immaginazione e di figurazione nella mente delle foto assenti. Le grandi assenti, le foto, fortemente presenti.

Il Sud rurale
Il lettore avanza con trepidazione nel percorso narrativo, consapevole che la sequenza riserverà sorprese: ci sono racconti estivi oppure autunnali, di bambini e di donne, madri o mogli, di amori e separazioni, di automobili e treni e corriere, di borghi antichi e periferie urbane. E c’è un Sud rurale, dagli anni Trenta al secondo dopoguerra, un Mediterraneo luminoso e silente, vivido di usanze e affetti, ritratto prima del declino.

Così ogni singola fotografia, anche quelle i cui autori hanno poi rinunciato, per pudore o ritrosia, a narrare, diventa protagonista di un racconto insieme storico e letterario, nella duplice valenza che un testo fotografico (una foto quale documento) reca in sé.

Diceva Roland Barthes, citato a più riprese, che la fotografia «non dice necessariamente ciò che non è più, ma solo per certo ciò che è stato»: questo assunto, l’immanenza del fatto avvenuto, e quindi l’interazione emozionale delle foto d’epoca con il tempo presente, fa da presupposto all’intero progetto.
Raccogliere le foto antiche e disperse, la loro selezione, il donarle, attenderne la descrizione, riunire i racconti in un libro dal costo abbordabile- verrebbe da dire democratico -e offrire il prodotto finale alla fruizione di un pubblico comune: tutto ciò costituisce e rappresenta un’operazione artistica di valore, che merita attenzione. Bianco-Valente ci richiamano, in un’epoca sovraffollata di immagini caduche e affette da narcisismo, al potenziale creativo e poetico di un’immagine, nel generare pensiero e immaginazione nuovi.

Caducità del tempo
Nel leggere Il libro delle immagini ci si scopre vieppiù a fantasticare sulle immagini segrete descritte, poiché i testi descrittivi inducono a produrre nuove immagini: immagini immaginate, immaginarie, immaginifiche, come dice Brunella Velardi nella bella prefazione. Ci si domanda di che colore fossero i vestiti delle persone raffigurate, i nomi dei paesi. E si sognano i paesaggi, perché il paesaggio, in queste ottantaquattro foto giunte da altro tempo e planate nell’oggi è l’altro grande protagonista. E ciò non sorprende, perché i due artisti sono da molti anni attivi, con Pasquale Campanella, in un generoso progetto di arte pubblica, A cielo aperto, a Latronico, in Basilicata.

Nel libro alcuni racconti hanno una tensione filmica: chi è la donna elegante che avanza verso di noi, in un pomeriggio degli anni Cinquanta, sulla banchina della stazione descritta da Costanza Meli? Commuove e diverte il musicale dialetto napoletano di Carmela Cammarata, quando una foto sbiadita e mossa dà il la per un dialogo autentico tra una madre anziana e una figlia, intorno a due vecchi cugini, Arturo e Marcello, detto Gramsci. Orgoglio italiano e dinamismo ciclistico nel giro d’Italia raccontato da Antonello Tolve, e si fa il tifo con il pubblico mentre faticano i corridori… Giulia Grechi, infine, si confronta, a partire dalla foto, con la figura giovanile del nonno e con la vicenda della sua partecipazione alla guerra d’Etiopia, con le sue storiche vergogne e menzogne, argomento affilato nella narrazione famigliare.

Incontri e riflessioni
Il libro delle immagini è una pubblicazione originale e curiosa: spicca nel panorama editoriale italiano per il suo approccio di dialogo e di ascolto rispetto a un tema di grande attualità, quello dell’apporto della fotografia alla creazione dell’identità personale e collettiva. In questo volume si propone una raccolta di meditazioni e pensieri su cosa sia oggi la fotografia, in generale, a partire ogni volta da una in particolare. Si tratta dunque di un avvincente saggio di estetica dell’immagine, godibile come un libro di narrativa che cela, invece, un’articolata riflessione metalinguistica.

L’opera è una proposta culturale tanto più apprezzabile in tempi in cui il consumo di immagini fotografiche, nel mondo digitale e dei social, le rende evanescenti. L’editore Gianni Romano riguardo a Il libro delle immagini dice trattarsi «di un progetto che non finisce con la pubblicazione. È destinato a produrre incontri tra chi vi ha partecipato e chi si interessa ad arricchire quel discorso sulla fotografia a proposito del quale tecnologia e mercato non bastano a definirne i confini».

Bianco-Valente operano per sottrazione, astraendo – atto tanto più forte perché agito da artisti visuali – l’immagine dal campo visivo e riportando al centro la parola per fare nascere nuove immagini: un gesto artistico deciso e nettamente autoriale, che vuole allargare, il più possibile, la platea dei lettori/sognatori. Un libro intenso, che ciascuno farà suo, con l’impressione di ricordare o rivedere l’album delle foto di famiglia, oppure di leggere un romanzo dai molti personaggi senza nome, eppure ben delineati, ancorché leggermente fuori fuoco o imbruniti dal tempo.