I residenti di Tripoli tornano nelle loro case nel quartiere di Bab al-Tebbaneh. Intorno solo macerie, lascito silenzioso di tre giorni di guerriglia tra esercito governativo e miliziani islamisti: «Una violenza senza precedenti – racconta un’anziana donna di 72 anni, Umm Mohammed Jaaburi – Mai ho dovuto lasciare la mia casa, nemmeno durante la guerra civile». Per ora la città libanese è salva, ma la minaccia jihadista incombe sul Paese dei Cedri, da anni vittima indiretta dei settarismi che stanno insanguinando la Siria.

Dalla coalizione anti-Isis giungono solo parole a celebrare il coraggio dei soldati libanesi che hanno respinto l’assalto islamista, che ha provocato 18 vittime tra civili e militari. Ma sono anni che Tripoli è teatro di scontri settari tra componente sunnita anti-Assad e alawiti, sostenitori del governo di Damasco.

A Tripoli è tornata la calma, ma i residenti si chiedono per quanto tempo. Dietro sta la faida tra sunniti e sciiti, con i primi che hanno ormai come target anche l’esercito governativo, accusato di coprire Hezbollah, alleato politico e militare di Assad.

Nelle mani dei miliziani islamisti restano due soldati libanesi, per il cui rilascio Beirut sta trattando. «Abbiamo ricevuto una specifica richiesta dai rapitori in cambio della vita dei soldati – ha fatto sapere il ministro della Salute, Wael Abu Faour, che ha evitato di dire con chi il governo stia negoziando, se con membri dello Stato Islamico o del Fronte al-Nusra – Le cose stanno andando in una direzione positiva».

In mano ad al-Nusra restano anche 27 militari catturati ad agosto nel sanguinoso attacco di Arsal, città alla frontiera con la Siria: gli islamisti chiedono il rilascio da parte di Beirut dei prigionieri qaedisti detenuti nelle prigioni libanesi.