Il botta e risposta tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini sulle residue possibilità di accordo non rappresenta ovviamente una rottura definitiva. Ma evidenzia la prima crisi del filo diretto tra i due che aveva marchiato i primi giorni della legislatura e costruito i primi schemi politici all’indomani del voto. Di Maio sbarra una delle due strade che conducono al contratto di governo e questa volta la chiusura è netta. Il suo diniego si rivolge, come nei giorni scorsi, a Silvio Berlusconi ma colpisce duramente anche tutto il centrodestra, definito senza mezzi termini come una «ammucchiata».

«IL CENTRODESTRA e Berlusconi non rappresentano quel cambiamento voluto dagli italiani con il voto del 4 di marzo», ribadisce Danilo Toninelli. È questo il motivo principale per cui il tweet di ieri del capo politico grillino suona soprattutto come uno schiaffo a Salvini, che invece poche ore prima si era detto più possibilista, e alla sua figura di leader della coalizione che va dai berlusconiani ai leghisti. È un colpo che nelle intenzioni dei 5S serve ad evitare che il Movimento venga rosolato a fuoco lento dai due forni della strategia abbozzata in questi primi bagliori della legislatura.

Non ci vorranno giorni, ma settimane perché i giochi si sblocchino in qualche modo. Per questo l’aspirante premier cerca di apparire sicuro del fatto suo e tenta di sfuggire all’immagine del politico disposto a tutto pur di andare al governo che qualcuno vorrebbe cucirgli addosso. E il M5S tutto cerca di mettere a frutto le cariche istituzionali conquistate all’apertura delle camere: sul fronte dei vitalizi il primo ufficio di presidenza della camera dà mandato ai questori di predisporre la delibera sui 2500 assegni versati ogni mese agli ex parlamentari. È un punto a favore di Roberto Fico, che però ancora ieri ha ribadito la sua intenzione di non voler scendere nell’agone politico per restare al suo ruolo istituzionale. Nel gioco delle parti, Fico sceglie di stare fuori dal balletto delle alleanze. Gli appelli al dialogo con Pd e Lega ribadiscono che il pendolo politico grillino oscilla da destra a sinistra.

MA SE L’UBIQUITÀ ideologica paga quando si è all’opposizione, rischia di logorare quando si indossano le vesti istituzionali e ci si mette alla ricerca di una maggioranza. Se ne sono accorti, i 5S, prima che dai sondaggi, dai segnali che dai forum online e dal polso dei social arrivano allo staff. Emerge che la base elettorale avrebbe in qualche modo elaborato e mandato giù l’idea di un accordo con la Lega ma difficilmente accetterebbe un’intesa allargata a Berlusconi. Di Maio sa che queste due opzioni non esauriscono lo scenario possibile, ci sono diverse formule da mettere a punto e mutamenti di contesto che cambierebbero il sentimento diffuso.

Oggi gli occhi sono puntati su Montecitorio. Si insedia alla camera la commissione speciale che opererà in assenza delle commissioni competenti e che funziona da palestra di accordi e relazioni. L’organo dovrebbe contare 40 deputati dei quali 14 grillini. Se si seguisse la prassi alla presidenza andrebbe Francesco Boccia, presidente uscente della bilancio e volto del Pd dialogante. Invece potrebbe riprodursi l’intesa col centrodestra che al senato ha portato all’elezione di Vito Crimi, in questo caso premiando un leghista. Le commissioni dei due rami del parlamento dovranno esaminare il Documento di economia e finanza a partire dal testo preparato dal ministero del tesoro che indica la stima di crescita tendenziale assieme alle previsioni di deficit e debito e che segnala la necessità di circa 12,5 miliardi di coperture per evitare che nel 2019 scatti il nuovo aumento di Iva e accise previsto dalle clausole di salvaguardia.

NELLE STESSO ORE una delegazione della Cgil guidata da Susanna Camusso vedrà il capogruppo grillino Toninelli. L’appuntamento è stato fissato a seguito della richiesta di discutere la proposta di legge di iniziativa popolare sulla «Carta dei diritti universali del lavoro», che ha raccolto quasi un milione e 200mila firme, che la stessa Cgil aveva inviato la settimana scorsa ai presidenti di tutti i gruppi parlamentari. Prove di dialogo nello scenario inedito.