Razman Kadyrov nominato da Vladimir Putin nel 2005 quale presidente reggente della Repubblica cecena, si è lanciato in un nuovo violento attacco contro i gay classificandoli come «diavoli» e «non-persone».

RAZMAN KADYROV era già passato tristemente alle cronache per le sue dichiarazioni shock («i gay non esistono in Cecenia, è geneticamente impossibile che un ceceno possa essere gay»), per l’introduzione della Sharia nella Repubblica e per l’accusa di aver detenuto e fatto uccidere degli omosessuali negli scorsi mesi.

In una intervista concessa al giornalista della Tv via cavo americana Hbo David Scott che gli chiedeva conto della repressione nei confronti dei gay nel suo territorio, e che andrà in onda il prossimo 18 luglio, Kadyrov prima ha cercato di intimidire l’interlocutore rivolgendosi ai suoi collaboratori presenti in studio: «Ma questo qui [il giornalista] cosa è venuto a fare? Ma che domande sono?».

Poi incalzato da David Scott, sorridendo sarcasticamente ha replicato: «È una domanda senza senso. Noi non abbiamo gente di questo tipo qui. Non ci sono gay in Cecenia. E se anche ci fossero, li eliminiamo, li mandiamo in Canada».

Kadyrov ha poi ha continuato: «Allah è grande! Portateli via da noi, in modo tale che non li si abbia a casa nostra. Per purificare il nostro sangue, se ce ne sono, prendeteveli!». Il presidente ceceno, forse persa ogni inibizione, ha concluso: «I gay sono dei demoni. Si tratta di gente che si vende. Sono delle non-persone. Dovranno rispondere al Signore per questo».

L’INTERVISTA è stata concessa all’interno di uno servizio sugli sport violenti «stile wrestling« che si tengono nel palasport di Grozny e a cui Kadyrov stesso partecipa in qualità di «combattente-attore».
L’intervista del presidente ceceno segue di pochi giorni nuove drammatiche rivelazione del giornale moscovita Novaja Gazeta sui veri e propri pogrom che si sarebbero consumati contro gli Lgbtq nella repubblica nord caucasica.

NELL’EDIZIONE DEL 10 LUGLIO, il giornale rilancia le accuse a Kadyrov e alla polizia cecena già fatte nel reportage di aprile scorso, questa volta fornendo nomi delle vittime e dettagli raccapriccianti.
Novaja Gazeta presenta una nuova scioccante documentazione, che se accertate, dovrebbe condurre la comunità internazionale a prendere serie misure per la difesa dei diritti umani in Cecenia.

Su Novaja Gazeta si può leggere che «Secondo i documenti in nostro possesso in questo momento sappiamo con certezza che 27 cittadini gay sono stati uccisi ma il conto purtroppo potrebbe arrivare a 56. Queste persone sono state arrestate in momenti diversi (il 9,10,21,24 gennaio) ma la data di morte è una sola, la notte tra il 25 e il 26 gennaio».

Il giornale pubblica l’elenco – nome, cognome, patronimico e data di nascita – delle vittime. Sono tutti giovani e giovanissimi ceceni maschi: un trentunenne il più adulto, solo ventenne il più giovane.

I DETENUTI secondo le fonti del giornale russo «sono stati fucilati e poi portati in vari cimiteri, tra cui alcuni cristiani, e seppelliti in tutta fretta in semplici fosse».
Ai parenti degli scomparsi che si rivolgevano alle autorità per avere informazioni dei propri cari sarebbe stato risposto: «Forse saranno andati in Siria, chi lo sa dove sono!»

Il quotidiano moscovita Novaja Gazeta ricorda inoltre di aver consegnato già da tempo tutto il materiale a sua disposizione – comprese fotografie e documenti ufficiali – alle autorità di polizia cecena «e di aver deciso la pubblicazione di questa ultima inchiesta solo dopo che le autorità hanno mostrato di non avere nessuna intenzione di procedere alla verifica di quanto documentato».

IL PRESIDENTE RUSSO Vladimir Putin, a seguito della pressione internazionale delle associazioni dei diritti umani perché venga fatta piena luce su quanto accaduto, ha creato nel mese di maggio una commissione d’inchiesta che non è stata al momento in grado di stabilire cosa sia successo realmente.

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha affermato in seguito che «finora non sarebbero emersi elementi che ci facciano dire che il presidente Kadyrov abbia mentito dichiarando la sua completa estraneità a quanto sarebbe avvenuto sul territorio ceceno».

I rappresentati del movimento gay di Mosca e di San Pietroburgo da noi contattati dichiarano che «le ultime affermazioni di Kadyrov si commentano da sole e dimostrano il grado di discriminazione e di persecuzione che i cittadini Lgbtq conoscono in Cecenia».

Allo stesso tempo gli attivisti Lgbtq russi sottolineano come «grazie alle manifestazioni pubbliche e l’attenzione della stampa internazionale non si è più a conoscenza di delitti nei confronti dei gay in Cecenia negli ultimi mesi. Per questo la stampa e l’opinione pubblica internazionale devono restare vigili su quanto avviene in quella regione»