La Luna sta tornando di moda. A quattro decenni dai successi dell’esplorazione della Nasa, le missioni Apollo, la Luna negli ultimi anni sta recuperando il protagonismo che aveva avuto nella corsa allo spazio degli anni 60. La ragione è molto semplice, e si chiama Cina. Proprio come le due superpotenze dell’epoca, il gigante asiatico ha fatto del nostro satellite, dove conta di far atterrare un equipaggio umano entro la fine del decennio, l’obiettivo principale del proprio ingente investimento spaziale degli ultimi lustri. A gennaio aveva ottenuto un risultato storico: far allunare la sonda automatica Chang’e 4 sul cosiddetto lato oscuro. L’impresa non è banale.

ALLA SFIDA DI PORTARE nello spazio senza problemi la sonda e di farla atterrare (gli indiani qualche mese fa non ci sono riusciti), si aggiunge la finora insormontabile difficoltà tecnica delle comunicazioni. Il «lato oscuro della luna» è infatti quello che non vediamo mai dalla terra (giacché il tempo di rivoluzione su se stessa è il medesimo che impiega a ruotare attorno al nostro pianeta, il che ci impedisce di vedere quel lato): questo implica che le nostri comunicazioni radio con il lato oscuro sono sempre schermate dalla massa lunare. Ed è quindi necessario far rimbalzare gli ordini su un satellite orbitante intorno al nostro satellite che, a sua volta, li invia a Chang’e. La sonda dal nome della dea cinese della luna portava a bordo anche un piccolo rover, Yutu 2. Fra gli altri strumenti, c’è un radar che ha indagato il suolo lunare. Proprio ieri la rivista ad accesso libero Science Advances ha reso noto il primo risultato di questo studio a firma, fra gli altri, anche di tre ricercatori italiani: Sebastian Lauro ed Elena Pettinelli di Romatre e Francesco Soldovieri dell’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente del Cnr. Secondo i ricercatori cinesi e italiani, sotto una distesa di polvere grigia finissima, la cosiddetta regolite lunare, frutto della frantumazione di micrometeoriti e dell’azione della radiazione solare, e che si estende fino a una profondità di 12 metri, si alternano strati ricchi di blocchi derivanti dalle espulsioni di materiale dai crateri generati dall’impatto con asteroidi e strati più fini fino a una profondità di 40m, limite di indagine del radar.

LA ZONA ESPLORATA dal rover si trova vicino al polo sud lunare, dove la sonda indiana Chandrayaan 2 (quella che non è riuscita a far atterrare il lander) sta studiando il ghiaccio d’acqua intrappolato nelle rocce lunari. Chang’e porta a bordo anche una batteria di esperimenti scientifici, come semi da far germinare nelle condizioni di bassa gravità lunare.