Spesso resta nell’ombra, anche quando i suoi meriti nella riuscita di un disco sono almeno pari a quelli dell’artista: la scelta dei suoni, il collocamento delle parti registrate, il taglio o l’allungamento dei brani, sono decisioni che cambiano talvolta radicalmente una canzone. In meglio o in peggio. Un bravo produttore modella la materia, diventando egli stesso in qualche modo compositore e parte integrante dell’opera. Lee Scratch Perry è stato tra quelli più geniali e all’avanguardia, definito (giustamente) visionario nello scrivere una moderna versione del reggae, tanto che il suo lavoro si ripercuote anche in ambito rock, punk, new wave, pop.

Usò lo studio di registrazione come uno strumento, sperimentando, innovando, inventando sostanzialmente quello che oggi conosciamo come Dub, registrando, nel 1973, con King Tubby, quello che viene considerato come il capostipite del genere, l’album Blackboard Jungle.

«C’erano troppi artisti reggae uguali agli altri. Sentivano qualcosa di nuovo e lo copiavano immediatamente. Gente senza propri pensieri. Volevo fare qualcosa di assolutamente diverso da tutta questa massa di artisti reggae. Volevo mescolare tutto, cambiare le cose, crearne di nuove e poi distruggerle», diceva Perry.

GRAZIE anche a lui, al lavoro con Bob Marley e quello con i suoi Upsetters contribuì a far diventare una musica locale come il reggae un fenomeno mondiale. I suoi Black Ark Studios furono un punto di riferimento, tanto quanto la sua etichetta più celebre, la Upsetter Records. È uno dei primi artisti a utilizzare campionamenti (soprattutto rumori) da inserire nei brani, e il suo eclettismo lo ha portato anche a fianco dei Clash, con la produzione del loro singolo del 1977 Complete Control. La stessa band incluse nel proprio album d’esordio, quello stesso anno, la celebre Police and Thieves che Lee aveva scritto con Junior Marvin. Lee conobbe i Clash mentre produceva l’omaggio di Bob Marley alla scena punk Punky Reggae Party.

La sua carriera è stata travolgente, segnata anche dal carattere piuttosto litigioso e instabile (progressivamente aggravato da problemi mentali e dipendenza da stupefacenti) che lo ha portato a costanti conflitti con collaboratori, musicisti, colleghi. Non solo: nel 1979, in preda a uno stato di pesante alienazione e allucinazione, incendiò, distruggendolo completamente, il suo studio di registrazione, (dove poco tempo prima aveva registrato anche Paul McCartney con i Wings) a Kingston, in Giamaica (stessa sorte toccherà successivamente a un altro suo studio, il Secret Laboratory, in Svizzera ma per cause fortuite che manderanno comunque in fumo ore di materiale registrato, vestiti di scena, dischi, libri). Si era da poco trasferito infatti in Europa, tra le montagne svizzere, con la moglie, e lì continuò a lavorare (anche con Adrian Sherwwod, gli Orb e i Beastie Boys), ma con meno creatività e genialità.

Keith Richards, che ha sempre avuto particolare attenzione per il reggae, ebbe dichiarare: «È il Salvador Dalì della musica, un mistero. Il suo strumento è il mondo. Devi solo ascoltare. Più che un produttore, sa come ispirare l’anima dell’artista. Come Phil Spector, ha il dono non solo di sentire suoni che non vengono da nessun’altra parte, ma anche di tradurre quei suoni ai musicisti. Scratch è uno sciamano». Nato poverissimo nella campagna giamaicana, arrivato a Kingston trova confidenza con la musica e lo studio di registrazione a fianco di Clement «Coxsone» Dodd (nel suo famoso Studio One), con cui finirà immancabilmente a litigare. Passò a un’etichetta rivale, l’Amalgamated Records. Anche in questo durerà poco e il responsabile della label diventerà il bersaglio della sua prima hit, People Funny Boy, nel 1968.

Interessante anche la sua ammirazione, a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, per i western all’italiana e relative colonne sonore. Nascono così album dai titoli espliciti come Clint Eastwood, Eastwood Rides Again o Return Of Django con tanto di copertine tra pistole, cavalli e cappelli da cowboy. Una discografia sconfinata che raggiunge quasi il centinaio di album e un tocco magico diventato un marchio di fabbrica. Le ultime uscite lo hanno sempre visto in ottima forma, omaggiato anche da Brian Eno, che lo considerava «uno dei geni della musica registrata», nei due album pubblicati nel 2019.

Se ne va uno dei grandi della musica, senza aggettivi qualificativi a seguire: sarebbe riduttivo, anche se non inesatto, parlare di musica nera o dell’intero arco pop. «Il basso è il cervello e la batteria è il cuore. Ascolto il mio corpo per trovare il ritmo. Da lì, è solo uno sperimentare i suoni degli animali nell’arca»: un credo al quale Scratch è rimasto fedele per tutta la vita.