Il gup di Venezia Massimo Vicinanza ha respinto il patteggiamento tra la Procura e l’ex sindaco Giorgio Orsoni, coinvolto nell’inchiesta sul Mose e accusato di finanziamento illecito poiché «con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, quale candidato sindaco del Pd alle elezioni comunali di Venezia del 2010», avrebbe ricevuto contributi illeciti. Secondo l’accusa, 110 mila euro al comitato elettorale e 450 mila ricevuti in contanti. L’ex sindaco, che si dichiara estraneo ai fatti, si è dimesso è Il 13 giugno, dopo la revoca degli arresti domiciliari e le polemiche per il suo ritorno in comune.

Ieri il no al patteggiamento perché secondo il gup quella di quattro mesi di reclusione e 15 mila euro di multa concordata con i pm è «una pena incongrua rispetto alla gravità dei fatti». La richiesta di patteggiamento è stata respinta anche perché è venuta meno la carica che Orsoni «ricopriva quando è stata adottata la misura cautelare»; inoltre «le condotte» tenute dall’ex sindaco «sono molto gravi sia per l’entità del contributo illecito ricevuto, sia per la provenienza soggettiva e oggettiva del denaro, sia per l’inevitabile rischio per la corretta gestione della cosa pubblica che ha comportato l’aver ricevuto ingenti somme» di denaro. Mentre i pm dell’inchiesta avrebbero preferito «una pena certa oggi, anche se minima, piuttosto che una pena più pesante alla quale probabilmente non si arriverà mai considerato il rischio di prescrizione del reato».

Il difensore dell’ex sindaco di Venezia, Daniele Grasso, ha commentato: «Non so ora da dove si parte, prenderemo le decisioni da assumere assieme al mio assistito. Ci sono comunque le condizioni per affrontare un processo, il patteggiamento ormai non esiste più».