L’obbligo del Green pass per l’accesso ai luoghi affollati ha sollevato critiche strumentali da parte dei partiti della destra, ma anche da parte di importanti esponenti del pensiero critico, per nulla sospettabili di demagogia.

Giorgio Agamben, studioso fondamentale della contemporaneità, usa in un suo appello accorato toni severissimi: “Come avviene ogni volta che si istaura un regime dispotico di emergenza e le garanzie costituzionali vengono sospese, il risultato è la discriminazione di una categoria di uomini e donne, che diventano automaticamente cittadini di seconda classe. A questo mira la creazione del cosiddetto Green pass. Sebbene medici e scienziati sostengano che questi vaccini non hanno goduto di un’adeguata sperimentazione e sono dubbiamente utili e potenzialmente dannosi, coloro che rifiutano di vaccinarsi verranno esclusi dalla vita culturale e sociale del proprio paese. (…) La “tessera verde” marchia coloro che ne sono privi di una stella gialla virtuale.”

Alle parole di Agamben fa da contrappeso la necessità di intensificare la campagna vaccinale per raggiungere in tempi ragionevoli l’“immunità di gregge” e impedire un impennarsi dei contagi e dei ricoveri e, in prospettiva, l’avvento di un’altra ondata della pandemia.

La vaccinazione è uno strumento di utilità parziale, ma anche l’unico che, al momento, ci consentirebbe di evitare una reiterazione fatale dello stato di emergenza. I vaccini di cui disponiamo non sono stati rigorosamente testati e hanno degli effetti collaterali (i più anziani si ricorderanno del vaccino contro la poliomielite, non privo di sconvenienze ma salvifico). Bisogna riconoscere che la letalità è estremamente bassa.

Il rapporto tra danni e benefici è assolutamente a favore della vaccinazione e il rifiuto di vaccinarsi (eccezione fatta per i pochi casi di controindicazione preliminare) è scientificamente ingiustificabile.

Il Green pass è una combinazione tra vaccinazione e quarantena e in quanto tale da una parte è un’innegabile fonte di rischio per la libertà dei cittadini, e, dall’altra, riflette l’esigenza di tutelarci da un possibile ritorno impetuoso dalla pandemia.

La prospettiva di Agamben e la prospettiva dei fautori di una restrizione prudenziale dei contatti sono diverse, ma non necessariamente opposte. Le forze democratiche dovrebbero basare la loro azione sul dialogo tra le due prospettive, evitando la loro contrapposizione. Purtroppo non è quello che sta accadendo.

Il Green pass è cortocircuitato in partenza da alcuni fattori che oggettivamente tendono a favorire il suo aspetto controproducente per la democrazia.

La vaccinazione è in ritardo catastrofico nella grandissima parte del mondo e in un pianeta globalizzato ciò è semplicemente folle. Ci sono forze economiche e ideologie geopolitiche che della pandemia hanno enormemente approfittato, dopo averla favorita, e di uscirne non hanno voglia e interesse. Pfizer ha dettato i tempi e le modalità della lotta al virus secondo la logica degli enormi profitti che sta realizzando.

Soprattutto gioca contro la politica irrinunciabile della prudenza la cattiva impostazione iniziale della gestione della pandemia che ha puntato tutto sull’alternanza tra compressione depressiva delle emozioni e la loro scarica maniacale/antidepressiva.

E’ la logica decompressiva dello sfogo di massa che ha portato alla riapertura degli stadi durante gli Europei e spinge ora per la riapertura delle discoteche.

Questa logica è letale per la Polis. Che segue una prospettiva di scarica purgativa e non di una elaborazione purificatrice. Dimentica della “catarsi” tragica: il rito democratico delle rappresentazioni teatrali, a cui presenziava tutta la cittadinanza, che non miravano a far sfogare, distrarre gli spettatori, ma a mettere in movimento i loro sentimenti e a indurre un processo di trasformazione del loro assetto interiore e della loro prospettiva sulla vita.