Grande imbarazzo nelle istituzioni europee dopo il colpo di mano di Antonis Samaras e la chiusura brutale della tv e della radio pubbliche in Grecia, alle ore 23 di martedi’, mentre nel paese c’è la troika (Ue, Bce, Fmi) per esaminare le misure prese dal governo per risanare i conti. L’eurodeputato verde Daniel Cohn-Bendit si è rivolto alla Commissione: “il governo greco afferma che la chiusura della tv era una condizione della troika e nella troika c’è un rappresentante della Commissione europea. E’ vero che la Commissione ha incaricato il suo rappresentante nella troika a chiedere la chiusura della tv e della radio pubblica in Grecia? Se questo è vero, è uno scandalo di cui dobbiamo discutere nell’europarlamento”. Olli Rehn, commissario agli affari monetari, ha risposto: “non è una decisione della Commissione. Si tratta di una decisione autonoma, di una decisione presa nel contesto degli sforzi importanti per modernizzare l’economia greca”. Stessa campana in Germania, accusata di essere all’origine dell’austerità che sta soffocando i paesi periferici della Ue. “Non riguarda il governo tedesco – ha messo le mani avanti il portavoce Steffen Seibert – la Grecia decide sulle misure da prendere per rispettare gli obblighi nei confronti della troika”.

In mattinata, un comunicato della Commissione ha ricordato che l’audiovisivo pubblico occupa “un posto essenziale nella democrazia europea”, rallegrandosi per l’annuncio del progetto di legge del governo greco sulla nascita di una nuova struttura della tv e radio pubbliche. Bruxelles spera di soffocare in fretta la polemica, che rivela agli occhi del mondo gli effetti nefasti di un’austerità che schiaccia la vita, umana e politica.

L’Uer (Unione europea di radio-televisione), istituzione nata nel ’50, di cui Uer greca è tra i fondatori e che riunisce le reti pubbliche di 56 paesi europei e mediterranei, ricorda che “l’esistenza di media del servizio pubblico e la loro indipendenza nei confronti dei governi sono al centro delle società democratiche. Ogni decisione importante nel sistema dei media pubblici dovrebbe essere presa solo dopo un dibattito aperto ed esaustivo al parlamento e non attraverso un semplice accordo tra due ministri”.

Condanna e “viva preoccupazione” espressa anche dalla Copean (Conferenza permanente dell’audiovisivo mediterraneo), che raggruppa 130 media di 26 paesi che si affacciano sul Mare Nostrum. Per il presidente, Mathieu Gallet, “nel momento in cui le nostre società fanno fronte a sconvolgimenti socio-economici importanti e a grandi tensioni, i media del servizio pubblico devono più che mai svolgere un ruolo fondamentale. Sono una componente essenziale del processo democratico e al tempo stesso uno dei vettori insostituibili della promozione della diversità culturale”. L’Uer ha scritto a Samaras, per invitarlo a “far ricorso a tutti i suoi poteri per annullare immediatamente” la decisione di chiusura. Per il presidente dell’Uer, Jean-Paul Philippot, “non era mai successa una cosa del genere, una realtà totalmente inimmaginabile in una democrazia”.

La decisione del governo greco si scontra con le norme della Ue. L’Europarlamento ha adottato nel 2012 un rapporto che promuove la necessità di mantenere nella Ue un modello “ibrido” pubblico-privato nell’audiovisivo. La presenza di un sevizio pubblico indipendente di radio e tv è del resto una delle condizioni che devono rispettare i paesi candidati ad entrare nella Ue.

In Francia, le reazioni sono state molto preoccupate. La ministra della cultura, Aurélie Filippetti, ha parlato di “simbolo tragico”, di “decisione assolutamente preoccupante” poiché “non bisogna che l’austerità a cui è sottoposta la Grecia significhi abbandono del pluralismo”. Il Parti de Gauche ha sottolineato il legame tra austerità e perdita di democrazia: “l’austerità serve a giustificare l’attacco alla libertà di informazione e di opinione, asfissia la democrazia. Sapevamo che i colpi di stato militari iniziano con il controllo dei media, sappiamo ormai che i colpi di stato finanziari si identificano attraverso la loro chiusura”. Per Jean-Luc Mélenchon “neppure i colonnelli avevano osato chiudere la tv! Il servilismo mediatico è mal ricompensato”.