«Presenterò la lista dei ministri in tempi molto stretti». Il nuovo premier incaricato ed ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli lo promette uscendo dal colloquio con il capo dello Stato in tarda mattinata, subito dopo aver ricevuto l’incarico. È una promessa che difficilmente potrà mantenere. Ai presidenti delle camere ha prospettato più realisticamente un voto di fiducia per la settimana prossima. Il problema è che non è facile trovare persone disposte a restare al governo pochi mesi, senza fiducia del parlamento, crocefissi dai due partiti più forti impazienti di aprire il fuoco.

SENZA FIDUCIA si andrà a nuove elezioni «dopo agosto», annuncia Cottarelli. In caso contrario il governo arriverà a gennaio. È un’ipotesi di pura scuola. Al Senato, Cottarelli incasserà una sessantina di voti ed eviterà di ripetere l’umiliante esperienza alla Camera. Il suo governo resterà in carica per la solita «ordinaria amministrazione» e per gestire la fase elettorale, con l’impegno, assunto dal premier e da tutti i ministri, di non candidarsi per garantire «la neutralità». Significa che non potrà fare niente neppure per disinnescare l’aumento dell’Iva. Salvini e Di Maio hanno chiesto ieri che le commissioni parlamentari vengano comunque istituite ma è una richiesta che risponde soprattutto a esigenze propagandistiche. Da questo parlamento non uscirà niente, e le elezioni, pertanto, verranno probabilmente fissate il prima possibile, il 9 o il 16 settembre.

Il Quirinale non si aspetta altro esito dall’avventura di Cottarelli, e il fatto che il presidente si sia rassegnato all’umiliazione di un suo governo ridotto ai minimi termini quanto a sostegno parlamentare dice tutto sulla drammaticità della situazione.

LA REAZIONE ALLA MOSSA estrema di Mattarella è deflagrante, ancor più del previsto. M5S ha convocato per il 2 giugno una manifestazione. Insiste, sia pure abbassando i toni sulla proposta surreale dell’impeachment. Di Maio chiede di votare «il prima possibile, anche in agosto». Per il tradizionale ricevimento del primo giugno al Quirinale è possibile lo sgarbo di una diserzione da parte dei partiti che accusano Mattarella. Per oggi, al Senato, il Pd aveva deciso di chiedere in apertura di seduta di poter intervenire per esprimere solidarietà al presidente. Forse lo farà e forse invece rinuncerà, essendosi reso conto che ne seguirebbe un dibattito violentissimo con al centro proprio il capo dello Stato. La delegittimazione istituzionale, con Mattarella impugnato come una bandiera da una parte del Paese e considerato un nemico da un’altra parte è vicinissima. È anche l’opposto di quel che il presidente dovrebbe e vuole essere.

 

SULLA DINAMICA della domenica disastrosa si incrociano ricostruzioni opposte. Il leader dei 5S rivela di aver avanzato una proposta alternativa alla candidatura Savona; la coppia Armando Siri-Alberto Bagnai. Il Colle smentisce, Di Maio conferma. In ogni caso sarebbe stata una proposta surreale, essendo Bagnai più ostile all’euro di Paolo Savona. Nessuna smentita invece per l’indiscrezione sulla proposta di Mattarella, che avrebbe chiesto in extremis a Conte di assumere l’interim dell’Economia. Anche questa proposta surreale, con l’Economia affidata a un premier già inesperto e digiuno della materia, indica quanto drammatica sia stata domenica e sia destinata a restare la situazione. Fortunatamente Conte ha declinato. Si fa sentire anche l’oggetto della contesa Paolo Savona, durissimo: «Ho subito un grave torto dalla massima istituzione del Paese sulla base di un processo alle intenzioni».

La preoccupazione principale di Mattarella resta però quella di un attacco speculativo al quale l’Italia è in questo momento esposta come in pochissimi altri momenti. Per questo ha scelto Cottarelli, uomo legato all’Fmi. Per questo il premier incaricato, nel suo discorso, si è rivolto soprattutto ai mercati e alla Ue: «Un governo da me guidato assicurerebbe una gestione prudente dei conti pubblici. Il nostro ruolo nella Ue resta essenziale come la nostra continua partecipazione all’euro».

SUL COLLE SI AUGURANO che basti a tamponare la situazione, nella consapevolezza che se l’alleanza tra Lega e M5S dovesse essere confermata la «pezza» Cottarelli sarebbe del tutto insufficiente. Mai come in questo momento lo sguardo del presidente è appuntato su via Bellerio. Perché se la Lega ricomporrà il centrodestra, la presenza di Berlusconi, sia pure in posizione subordinata, dovrebbe bastare a rassicurare i mercati e a evitare che la campagna elettorale si trasformi in un referendum sull’euro. Ma se invece Lega e M5S saranno in partita insieme, il voto diventerà inevitabilmente un pronuciamento sull’euro. E sul Quirinale.